Questo è un ricordo personale di Indro Montanelli. Il ricordo di un suo estimatore nonché assiduo lettore della Stanza che egli teneva, ormai da anni, sul Corriere e, a volte interlocutore dei suoi interventi e delle sue messe a punto ovvero puntuali non meno che dotte e brillanti risposte. Ho indirizzato al grande giornalista una lettera nel 1997 mentre attendevo alla stesura della mia tesi di laurea. Argomento del mio lavoro era il c.d. “gigantismo nei delitti contro l’economia pubblica”. La dottrina in larga misura ritiene che si tratti di una enfatizzazione degli elementi del reato voluta dal legislatore proprio per rendere inapplicabile la norma. Chiesi, in proposito il parere del grande decano del giornalismo italiano. La risposta puntuale e apparsa in tutta evidenza nella pagina fu di fondamentale e veloce assenso ma servì anche al grande giornalista per trattare delle ipocrisie e delle astuzie di matrice liberale che non di rado durante il ventennio, attenuarono il carattere autoritario e antidemocratico del fascismo. Ecco quanto tra l’altro scrisse Montanelli: “non mi stupirei se, come tu sospetti, la parte relativa al ‘delitto contro l’economia pubblica’ fosse stata artatamente ingigantita e ingarbugliata da Rocco in modo da renderla nella pratica inapplicabile. Questi erano stratagemmi a cui sotto il fascismo si ricorreva di frequente e non si è mai capito se il duce non se ne accorgeva o fingeva di non accorgersene. Le due più illuminate riforme della prima fase del fascismo, quella scolastica di Gentile e quella del codice Rocco, furono opera di uomini di formazione liberale sicchè ritengo molto probabile che anche il delitto contro l’economia pubblica sia stato uno di essi. Buon anno, ragazzo mio.” Naturalmente di questo intervento di Montanelli feci ampio cenno nel testo della mia tesi ed esso è stata adeguatamente richiamato in sede di dissertazione e discussione di laurea, dal relatore Prof. Nicola Mazzacuva e dalla commissione di cui egli era parte nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna. Numerose altre volte scrissi in seguito al grande giornalista, del pari e alternativamente ha fatto la mia ragazza, Rosanna Sanso, e, non di rado, quando le domande poste erano particolarmente attuali o interessanti Montanelli sempre nella sua “Stanza”, talora con maggiore talora con minore evidenza, ha risposto alle nostre note. Stabilite le dovute distanze e definite in partenza i ruoli e i ranghi di appartenenza, possiamo dire che a suo modo, coi suoi consigli, con le sue prese di posizione, con le sue risposte, per molto tempo, Montanelli è stato, per noi, un amico. Una specie di padre nobile, ovvero, fatto riferimento alla sua età, un nonno di straordinaria esperienza e cultura che richiesto, non ha mai fatto mancare a due suoi sperduti e lontani “nipoti” la sua parola e la sua, a volte burbera ma sempre brillante e acuta sollecitudine.
Fabio Guarna