Soverato d’altri tempi. In un comizio riconobbe il valore del sindaco
QUELL’ELOGIO CHE IL COMPAGNO ALCARO FECE AL DEMOCRISTIANO CALABRETTA
Soverato – La ricostruzione del passato politico è fatta anche di piccole storie locali che si inseriscono in un contesto più generale e silenziosamente incidono sulla vita dei cittadini. Accadde a Soverato nel 1988 quando Pasquale Alcaro medico affermato del nosocomio di Soverato stava per entrare alla guida di quello che per pochi anni ancora si sarebbe chiamato PCI. Alcaro, in un pubblico comizio, riconobbe il valore e l’azione di alcune scelte del sindaco Antonino Calabretta. Si trattò di un riconoscimento che partiva da un comunista e si indirizzava ad un democristiano. Per l’epoca era proprio una scelta che definire “originale” è ben poco e soprattutto riduttivo. C’era e ci sarebbe stato molto in quelle parole. Da allora la guida del PCI locale fu di Pasquale Alcaro e il modo di rapportarsi con la politica del partito che fu di Berlinguer cambiò rispetto a prima, fino a svilupparsi nel movimento “Pedalando Volare” che consegnò alla storia di Soverato un altro Calabretta, Gianni sindaco negli anni ’90. Pasquale Alcaro subentrò alla guida della sezione Gramsci di Soverato al posto di Pietro Squillacioti, interprete più ortodosso della militanza comunista e senz’altro un personaggio storico per la sinistra soveratese che contribuì a tante battaglie e che non ritornò più in scena. Un incontro fra i due c’è stato qualche giorno addietro in occasione della intitolazione dell’Istituto tecnico commerciale ad Antonino Calabretta ma si è trattato, come racconta lo stesso Pasquale Alcaro, di poche battute. Forse, però, è arrivato il momento di riaprire un grande dibattito sulla storia di quella che fu la sinistra a Soverato e i protagonisti dell’epoca: dai militanti del Pci, Psiup, Psi e Dp potrebbero arrivare interessanti contributi.
Non è detto che questo non accada e forse la confidenza ai giornalisti di Pasquale Alcaro merita un approfondimento e induce il sospetto che in merito qualcosa bolla in pentola. “Antonino Calabretta – racconta Alcaro – subito dopo il comizio, venne in ospedale e non disse una parola. Mi abbracciò e pianse.” Forse neanche la Democrazia cristiana dell’epoca gli era stata tanto vicina come aveva fatto Pasquale Alcaro.
Fabio Guarna (Fonte: il Quotidiano della Calabria)