Soverato – Le vacanze Pasquali sono anche una buona occasione per rilassarsi e perché no, dedicarsi alla lettura. E fra le letture dei soveratesi e non solo ce n’è una dallo stile dotto e dal periodo ricercato. Gli ingredienti giusti per fare di uno scritto un cult-book ovvero come recita il vocabolario De Mauro “un libro particolarmente apprezzato da un certo settore di critica e di pubblico”. Parliamo di “Fenomeno Pecci, ovvero gli ammonitori”, diventato una lettura cult anche per il fatto di essere ormai fruibile solo attraverso internet al sito www.soveratonews.com dove i contatti giornalieri sono sempre a decine e arrivano da ogni parte del mondo. Gli amanti del cult infatti, sono particolarmente attratti da materiale non facilmente alla portata di tutti. E dunque, Adriano Pecci, l’opinion makers rimasto ormai solo a opinare sulle tv locali del basso-jonio a causa degli impegni elettorali dell’altro “collega”, è diventato un personaggio cult. E questo anche grazie allo scritto di Vincenzo Guarna che in chiave ironica-letteraria tratta il profilo del personaggio. Per attrarre l’attenzione del pubblico Guarna, ricorre, ad un espediente originale. Inventa la figura del sociologo Lituano, Jurgis Kaunas. Un attento studioso dei fenomeni mediatici e dei personaggi che animano i dibattiti televisivi. Kaunas scopre in un lontano territorio del sud Europa, Adriano Pecci. Ne studia il carattere e le performances televisive, lo attrae lo pseudonimo e lo stile tacitiano dei suoi interventi. Ecco cosa accade quando Adriano Pecci, o meglio, la sua voce si instaura sullo schermo di Soverato 1 tv su cui intanto scorrono immagini del panorama urbano soveratese: “Partono dunque, le immagini in video (quelle che abbiamo descritto) e Adriano Pecci non compare, non si sovrappone ad esse, è pura inapparenza. Lo scenario intanto evolve a poco a poco, pur restando uguale a se stesso per forma e stile così come variano di profilo o di contorno le figure d’un grande affresco – che intanto non muta – se volgendosi in giro, uno sguardo assorto ne esplori e percorra l’intera superficie ed estensione. È a questo punto che si insinua nel paesaggio, fatta fantasma di se stessa, ectoplasma vocale, la voce di Adriano Pecci. Vagamente suadente e per così dire condiscendente come è sempre quella di chi muove da convinzioni profonde e non già per ferire, ma piuttosto per persuadere e convincere, la voce, (gli americani direbbero “the voice”) enuclea rapidamente, innanzitutto, il tema del suo materializzarsi. Ed è sempre un tema che pertiene alla fervida e incondita immaginativa con la quale, a suo giudizio, gli uomini pro-tempore delle locali istituzioni governano la città di Soverato e ne pregiudicano lo status e il divenire. Quindi, come ogni fantasma che si rispetti, essa si muove, trascorre, pencola, plana, sempre più fusa e filtrata nel paesaggio che la contiene. Lemure, o ultracorpo, o verbo, o epifonema, Adriano Pecci ormai domina la scena e ne è dominato. E qui fluttua, lì ondeggia, più avanti si inarca, poi si piega su un fianco, indi sull’altro, ma tosto si restituisce alla sua fluida posizione eretta. E, intanto, con consapevole e volontaria scelta stilistica – che, mirata alla perspicuità e alla concisione, ancora una volta richiama la prosa di Tacito – d’un tratto si protende in un’ellisse, poco oltre si avvita in un asindeto, quindi, conosciuto un fragile indugio, riparte deciso allargandosi in un’ipallage o ondulando in uno zeugma. Spiega, illustra, osserva, commenta. A volte in rapida sintesi irride, sorride, sfiora il sarcasmo. Ma subito ha uno scarto e rifatto indulgente e pacato torna a suggerire, a riprendere, ad ammonire. Può accadere anche che si soffermi un attimo su un ricordo dei suoi lontani anni di goliardia all’Università o su quello della Soverato d’altri tempi. Oppure che evochi un episodio della Bibbia o, magari, un’arrogante abitudine del fazioso costume politico dell’antica Roma. Ma non lo fa mai per sfoggio di humanitas o di cultura, bensì per fornire, via via, un realistico o dialettico esempio di misura e di prudenza ai vivaci destinatari della sua accorata epifania. Quindi, il commiato: rivolto all’emittente e siglato Adriano Pecci. L’ultima volta che l’abbiamo ascoltato, il fantasma fonico di Adriano Pecci, fatto subacqueo, si muoveva ironico in un basso fondale marino animato, sopra e intorno ad un’esile flora litorale, da pochi e piccoli pesci non d’altura tra i quali nuotava nella sua “infanzia di mostro” (come direbbe Salvatore Quasimodo avuto occhio al suo aspetto e alla sua piccolezza) un ippocampo, in arte “cavalluccio marino”: il signatide – presente nei mari di tutte le latitudini tropicali e temperate del pianeta – che la indomita immaginazione delle istituzioni locali ha recentemente adottato, ad uso turistico, per emblema della città di Soverato”. Insomma Adriano Pecci sbarca su internet e attira tanta curiosità e attenzione.
Fabio Guarna (Fonte: il Quotidiano della Calabria)