Soriero, il Ds Dipietrista: la Quercia mi caccia? Ricorro a Strasburgo

IN CALABRIA / Tessera da 31 anni, correrà con l’ex pm: il mio partito ha sbagliato tutto, in lista nomi imposti come la vedova Calipari
Soriero, il ds-dipietrista: la Quercia mi caccia? Ricorro a Strasburgo
C’è una Terza via di Anthony Giddens e una di Giuseppe Soriero, detto Pino: «La mia teoria è che uno in politica o sta fermo nella continuità o fa il salto della quaglia. E poi c’è la terza via, quella mia: sono candidato indipendente al Senato qui in Calabria, con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, però mantengo in tasca la tessera ds, che possiedo da 31 anni». Pino Soriero, segno del Leone, classe ’55, ex sottosegretario ai Trasporti, con delega al porto di Gioia Tauro, è il protagonista dello «scandalo» politico calabrese di questi giorni. Lui, diessino, correrà da indipendente con l’ex pm senza lasciare la Quercia: semplicemente, si tiene la tessera. La sua federazione lo ha espulso, ma lui resiste, appellandosi all’articolo 4 dello statuto interno. E, nel frattempo, fa campagna elettorale da ds-dipietrista, fregandosene delle polemiche.
Soriero, proprio nessun imbarazzo? In fin dei conti corre con un altro partito, ma presentandosi come diessino.
«Il travaglio c’è, certo, sono tormentato. Ma imbarazzato… no. Perché non sono uno come Lanfranco Turci, che ha sbattuto la porta e se n’è andato con la Rosa nel pugno. Io sto vivendo una condizione sperimentale: dirigente nazionale ds, partito al quale sono iscritto da 31 anni, nella direzione nazionale dal 1988, farò il candidato indipendente per Di Pietro. Ma resto diessino».
E i suoi però l’hanno espulsa dalla Quercia. Usando parole forti: irresponsabile, strumentale…
«Ah, questa dell’espulsione è fantastica. Loro parlano dell’articolo 3 dello statuto. Bene, io ho chiesto un parere autorevole al presidente emerito della Corte costituzionale, Corasaniti. E lui si è studiato la situazione e mi ha detto che grazie all’articolo 4 dello stesso statuto posso correre con Italia dei valori e mantenere la tessera: è un partito alleato. Insomma, io resto. Sono pronto a ricorrere in ogni sede, fino alla Corte europea dei diritti umani a Strasburgo».
Sicuro?
«Sicurissimo . Tra l’altro in Umbria c’è un caso identico al mio, ma lì nessun problema perché è stato concordato. Qui, invece, mi fanno dispettucci paesani perché dò fastidio».
A chi?
«Ai mammasantissima che stanno distruggendo l’Ulivo calabrese. Due nomi? Marco Minniti e Nicola Adamo. Hanno fatto una lista per le politiche funzionale a logiche burocratiche di vertice. In base alla quale io, che rappresento un valore aggiunto per la Calabria, sono stato escluso senza neppure una telefonata. E invece sono stati imposti Nicola Latorre come capolista e, con tutto il rispetto, la vedova Calipari. Una roba assurda».
Dunque per lei non esiste un «caso Soriero»?
«No, semmai esiste un caso Unione, in Calabria. Il segretario della Cgil, Fernando Pignataro, è andato via dai Ds e corre con Diliberto. Il Rettore dell’Università di Reggio Calabria, Ferdinando Bianchi, anche lui dirigente nazionale ds, ha sbattuto la porta e si candida con i Verdi. Per non parlare della lista Loiero con i Codacons. Minniti e Adamo stanno distruggendo il partito e la coalizione: se ne dovrebbero andare loro, dal partito, e non io».
Della sua decisione ha parlato con i vertici ds?
«Ho inviato il parere di Corasaniti a Fassino e Chiti, e loro non hanno detto nulla. Quindi, per me, è tutto a posto. Sono tre anni che lavoro per il partito democratico e con la mia associazione, “Il Campo”, perseguo gli obiettivi di Romano Prodi. Insomma, resto ds. I conti, coi compagni, li faremo ai prossimi congressi».

Angela Frenda (Fonte: il Corriere della Sera del 18 marzo 2006)

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