«Cupi a notte canti suonano
da Cosenza su’l Busento,
cupo il fiume gli rimormora
dal suo gorgo sonnolento.Su e giù pe ‘l fiume passano
e ripassano ombre lente:
Alarico i Goti piangono
il gran morto di lor gente.
Ahi sì presto e da la patria
così lungi avrà il riposo
mentre ancor bionda per gli òmeri
va la chioma al poderoso!
Del Busento ecco si schierano
su le sponde i Goti a pruova,
e dal corso usato il piegano
dischiudendo una via nuova.
Dove l’onde pria muggivano,
cavan, cavano la terra;
e profondo il corpo calano
a cavallo, armato in guerra.
Lui di terra anche ricoprono
e gli arnesi d’or lucenti:
de l’eroe crescan su l’umida
fossa l’erbe de i torrenti!
Poi, ridotto ai noti tramiti,
il Busento lasciò l’onde
per l’antico letto valide
spumeggiar tra le due sponde.
Cantò allora un coro d’uomini:
“Dormi, o re, nella tua gloria!
Man romana mai non vÑ—oli
la tua tomba e la memoria!”
Cantò, e lungo il canto udivasi
per le schiere gote errare:
recal tu, Busento rapido,
recal tu da mare a mare.»
(Giosuè Carducci, La tomba sul Busento.)