
SOVERATO – Arriva dalla Gran Bretagna una interessante scoperta sulla riproduzione dell’Ippocampo, il c.d. cavalluccio marino che viene spesso utilizzato come emblema della cittadina jonica. Una specie che – si è sempre detto – deve la sua sopravvivenza alla buona salubrità delle acque. In virtù di questo studio possiamo fare una considerazione. Sembrerebbe, in effetti, che la mancanza di inquinamento del mare favorirebbe la riproduzione dell’Ippocampo e non tanto la sua permanenza in vita. Infatti mentre prima si pensava che nei cavallucci marini la riproduzione avvenisse direttamente nella cavità addominale del maschio dove la femmina si riteneva depositasse i suoi ovuli, oggi invece i ricercatori d’oltralpe hanno avanzato un’altra ipotesi. Il seme, secondo gli studi e le osservazioni degli studiosi britannici, viene espulso all’esterno nell’acqua e quindi viene risucchiato attivando il fenomeno della fecondazione. Per queste ragioni il rischio che la fecondazione non vada a buon fine è molto alto quando questa avviene in acque inquinate nelle quali il seme può distruggersi facilmente.
Con il nome di Baia dell’Ippocampo recentemente è stata intitolata un’organizzazione (consorzio Baia dell’Ippocampo) che ha l’obiettivo di rilanciare il turismo nel basso jonio del soveratese. Il cavalluccio marino si trova nei mari del Mediterraneo e anche nell’oceano atlantico (prevalentemente sulla costa orientale). Deve alla sua forma, simile a quella di un cavallo il nome di cavalluccio marino.
Foto gentilmente concessa per la pubblicazione da Ernesto Sestito.