TESTO LATINO
Sed, si quis est invidiae metus, non est vehementius severitatis ac fortitudinis invidia quam inertiae ac nequitiae pertimescenda. An, cum bello vastabitur Italia, vestabuntur urbes, tecta ardebunt tum te non existumas invidiae incendio conflagraturum?” His ego sanctissimis rei publicae vocibus et eorum hominum, qui hoc idem sentiunt, mentibus pauca respondebo. Ego si hoc optimum factu iudicarem, patres conscripti, Catilinam morte multari, unius usuram horae gladiatori isti ad vivendum non dedissem. Etenim si summi viri et clarissimi cives saturnini et Gracchorum et Flacci et superiorum complurium sanguine non modo se non contaminarunt, sed etiam honestarunt, certe verendum mihi non erat, ne quid hoc parricida civium interfecto invidiae [mihi] in posteritatem redundaret. Quodsi ea mihi maxime inpenderet tamen hoc animo fui semper, ut invidiam virtute partam gloriam, non invidiam putarem.
TRADUZIONE LIBERA IN ITALIANO
Ma se il timore di divenire tanto impopolare è fondato, devi forse avere paura di essere giudicato più per la tua rigidezza che per la tua debolezza? O ti illudi di levarti dalle fiamme dell’impopolarità quando l’Italia sarà distrutta dalla guerra, le città messe sottosopra, le case arse?” Alle voci autorevolissime della Repubblica e agli uomini che sono in sintonia con queste idee risponderò in breve. Io, se avessi ritenuto, padri coscritti, che la scelta più giusta fosse stata di mandare a morte Catilina, non avrei consentito a un criminale come lui di vivere un’ora in più. Se infatti i cittadini più stimati e illustri non si sono macchiati del sangue di Saturnino, dei Gracchi, di Flacco e di tanti altri in passato, se, piuttosto, si sono coperti di onore, sicuramente non avrei dovuto avere timore che la condanna dei posteri ricadesse su di me per avere eliminato uno che uccide i suoi concittadini. E se anche mi trovassi a correre un siffatto pericolo, resterei della stessa idea, perché l’impopolarità nata dalla virtù è gloria, non impopolarità.