Traduzione libera in italiano dal latino – Cicerone – in Catilinam III, 9

TESTO LATINO

Hanc autem Cethego cum ceteris controversiam fuisse dixerunt, quod Lentulo et aliis Saturnalibus caedem fieri atque urbem incendi placeret, Cethego nimium id longum videretur. Ac ne longum sit, Quirites, tabellas proferri iussimus, quae a quoque dicebantur datae. Primo ostendimus Cethego; signum cognovit. Nos linum incidimus, legimus. Erat scriptum ipsius manu Allobrogum senatui et populo sese, quae eorum legatis confirmasset, facturum esse; orare ut item illi facerent, quae sibi eorum legati recepissent. Tum Cethegus, qui paulo ante aliquid tamen de gladiis ac sicis, quae apud ipsum erant deprehensa, respondisset dixissetque se semper bonorum ferramentorum studiosum fuisse, recitatis litteris debilitatus atque abiectus conscientia repente conticuit. Introductus est Statilius; cognovit et signum et manum suam. Recitatae sunt tabellae in eandem fere sententiam; confessus est. Tum ostendi tabellas Lentulo et quaesivi, cognosceretne signum. Adnuit. “Est vero”, inquam, “notum quidem signum, imago avi tui, clarissimi viri, qui amavit unice patriam et cives suos; quae quidem te a tanto scelere etiam muta revocare debuit.”

TRADUZIONE LIBERA IN ITALIANO
Essi (i Galli) inoltre raccontano di una discussione insorta fra Cetego e gli atri congiurati, questi ultimi insieme a Lentulo consigliavano di stabilire la strage e l’incendio della città per i Saturnali, Cetego riteneva questa data troppo distante. Per non tirar per le lunghe, Quiriti, facciamo portare le tavolette che essi avrebbero siglato. Il primo a cui esibiamo il sigillo è Cetego: conferma essere suo. Tagliamo lo spago. Vi era scritto di sua stessa mano al Senato e al popolo degli Allobrogi che avrebbe mantenuto le promesse fatte agli ambasciatori; chiedeva agli Allobrogi di eseguire, a loro volta, gli impegni presi dai loro rappresentanti. Non appena leggiamo la sua lettera, allora Cetego, che sino a poco prima sulle armi rinvenute nella sua abitazione (spade e pugnali) aveva risposto spiegando di essere un collezionista, tace improvvisamente, compresso, stroncato dalla coscienza del suo crimine. Viene introdotto Statilio che conferma il suo sigillo e la sua grafia. Gli vengono lette le tavolette che descrivono quasi l’identico contenuto delle precedenti. È reo confesso (confessa). Quindi esibisco le tavolette a Lentulo e gli domando se riconosce il sigillo. Annuisce. “Lo riconosci senza alcun dubbio (certamente) – lo incalzo – Mostra l’effigie del tuo avo, uomo di grande virtù e valore che amò unicamente la patria e si suoi concittadini”, anche muta, questa effigie, avrebbe dovuto fermarti da un crimine così nefando”.

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