Erano gli anni della più cruda indigenza ereditata dalla guerra. Erano gli anni in cui bambini e donne, anche in Chiesa o nei giorni di festa, calzavano scarpe naturali con la pelle ormai indurita e gli uomini sfoggiavano lo stesso vestiario di lavoro, che non c’era, quasi sempre con toppe di “tilamara”. A Satriano, che ha avuto sempre una vocazione agricola, i contadini, i pochi “fortunati”, con le unghie annerite su mani callose, dal canto del gallo al rintocco del vespro, continuavano a spezzarsi la schiena agli ordini di padroni-caporali e guardavano con malinconia alla grande montagna da Carlo Filangieri regalata, tra il 1886 e il 1887, ai satrianesi e che doveva essere divisa in parti uguali tra tutti i cittadini e che invece era rimasta sempre appannaggio o del demanio, o peggio, di pochi ricchi. Erano confusi, demoralizzati, si sentivano abbandonati e come sempre sfruttati e più poveri. A sera,alla domenica mattina si ritrovavano nella sezione della Federterra. Si ritrovavano attorno ad una figura carismatica, che come sempre aveva sposato la loro causa spronandoli agli ideali di giustizia e di libertà. Era Cesare Ranieri, insegnante elementare, che fin da studente aveva lottato contro sopraffazione, sfruttamento, totalitarismo. Dal 1946 al 1948 vi erano state piccole lotte pacifiche che erano servite a svegliare le coscienze dei lavoratori e a far capire ai padroni che le loro angherie presto sarebbero finite. E come nel Marchesato, nel Nicastrese, anche a Satriano i contadini cercavano “pane e lavoro”. Da Melissa rimbalzavano voci dell’occupazione delle terre purtroppo con spargimento di sangue, dal Nicastrese, dal Reventino un filo “conduttore” sulla scia di Melissa spronava quei lavoratori: notizie più confortanti arrivavano dalla vicina Davoli dove, grazie alla lungimiranza dell’allora Sindaco Ziparo, prevenendo ogni sommossa, si assegnavano le terre incolte (togliendole anche a “storici notabili”) ai contadini del Comune. A Satriano vi era il grosso problema della mezzadria che taglieggiava i contadini oltre a quello delle terre incolte nella “grande” montagna. Vi erano state riunioni animate: da una parte i lavoratori con Cesare Ranieri, dall’altra i rappresentanti dei proprietari,dei ricchi terrieri. Da Catanzaro facevano la spola il sen. Pasquale Poerio e Luca De Luca.La situazione non accennava ad allentarsi. Ci voleva una prova di forza Cesare Ranieri, pur condividendo a pieno la sofferenza di tanti capi famiglia, esortava sempre alla calma, cercando una soluzione pacifica. Ma il giorno della riscossa arrivò anche per i braccianti satrianesi, maturata da sola nello spazio di una notte,forse valutando come possibile anche per i braccianti di Satriano la soluzione pacifica avvenuta nella vicina Davoli. Era l’alba del 21 giugno 1948, il primo giorno d’estate, una nuova stagione per tutta Satriano perché da allora gradatamente si acquisirono modi di vivere più umani. Quella mattina tanti lavoratori si ritrovarono dinnanzi l’ingresso della Federterra e spontaneamente incominciarono a sfilare con bandiere e cartelloni richiedenti “pane e lavoro” marciando verso la montagna grande di Satriano per occuparla, coltivarla e trovare così con il loro lavoro il sostentamento. Le fila si ingrossavano man mano che il corteo attraversava le vie del paese. Erano oltre trecento tra uomini e donne decisi a chiedere il rispetto dei loro diritti. In località “Cantore” trovarono lo sbarramento dei Carabinieri. Alcune donne in testa al corteo riuscirono a “svicolare”e con fasci di rami secchi in testa ritornarono in paese dirigendosi verso il Municipio con l’intento di appiccare il fuoco. Anche qui però trovarono le forze dell’Ordine e scaricarono le “frasche” secche in strada dinnanzi l’ingresso di Palazzo Condò. Queste donne coraggiose erano M. Giuseppa Pisante moglie di “Zazara”, Concetta Basile, Francesca, Caterina e Rosina Diaco, “a brutta Lupa”,Bianca Sgro. Gli uomini (la maggior parte forzò il blocco proseguendo verso la montagna)identificati a “campione” al “Cantore”,fuori dal centro abitato,erano Antonio Ferraro, Domenico Arena, Francesco Ferraro, Domenico Santoro, Rocco Romano, Vincenzo Santaguida, Teodoro Sia, Pietro Sia, Mariano Varano, Vincenzo Vaccaro, Luigi Squillacioti, Giuseppe Spinzo, Giuseppe Marzio, Teodoro Pugliese, Francesco Mercurio, Domenico Battaglia, Vincenzo Ranieri con l’aggiunta, anche se assente alla “retata”, di Cesare Ranieri che per le forze dell’ordine era l’ispiratore e l’organizzatore della manifestazione. Furono tutti denunciati all’A.G. Si aprì, quindi, un lungo processo che finì con l’assoluzione in primo grado per i diciassette lavoratori (difensori avv. Tropeano e Seta) e la condanna a un mese di reclusione per Cesare Ranieri che poi venne assolto con formula piena in appello dal Tribunale di Catanzaro (sentenza 621 del 26 luglio 1949 presidente Blasco, P.M. Donzelli, giudici Jofrida e La Sorte). Tali vicende segnarono in ogni caso una svolta per la vita sociale in Satriano con Cesare Ranieri che, da loro sempre guardato con simpatia e ammirazione, continuò a difendere i loro diritti con la sua presenza sempre attiva nella vita politica, e negli anni dal 1960 al 1970 li rappresentò in seno alla civica amministrazione in qualità di vice sindaco.
Raffaele Ranieri