Cosenza-Catanzaro 0 – 0. Come eravamo, come siamo e come saremo

Un derby, il vero derby della seconda divisione… Sì, è vero, quest’anno ci sono anche Vibonese e Lamezia, ma la storia richiama da un’altra parte, la storia richiama se stessa e la rivalità che la caratterizza, la storia ci parla di Catanzaro-Cosenza.

La partita dell’anno in Calabria, finalmente riproposta da uno strano scherzo delle vicende calcistiche.

Due destini che non smettono di incrociarsi, alternandosi sul bizzarro ottovolante delle serie professionistiche.

Già ospiti della B varie volte e, per quanto riguarda il Catanzaro, anche protagonisti di gloriosi anni in A, adesso si  incontrano in quella che siamo abituati a conoscere come C2 e che hanno detto debba chiamarsi seconda divisione.

I giallorossi e i rossoblu  arrivano al match da primi attori, inseguendosi in campionato; la fiamma della rivalità fintamente sopita allora non può che riaccendersi all’improvviso, come un vulcano che creduto spento si ridesti e voglia regalare un grande spettacolo.

Vogliono lo spettacolo tutti coloro che proprio non riescono a digerire quei cento chilometri di distanza, vogliono lo spettacoli due popoli di uno stesso popolo, così uguali da essere diversi in tutto.

Dal modo di parlare, aspirato a Piazza Matteotti e più cantilenante a Piazza dei Bruzi, fino al modo di affrontare la vita, più ironico quello catanzarese e più sfrontato quello cosentino.

Due città rivali in tutto, cosi abituate a battibeccare sulla propria supremazia da dimenticare quella che è in effetti la città più grande della Calabria, quella che adesso ha la squadra più forte: Reggio Calabria, lasciata sullo stretto, fuori dal match.

La partita in verità è equilibrata e non ricchissima di occasioni, il Catanzaro  gioca meglio nel primo tempo e il Cosenza cresce nel secondo, ma resta la sensazione di una grande sfida attesa e solo per questo bella.

Il calcio riesce a regalare sensazioni magiche anche quando poi si smentisce da solo, perché  non è solo gesto, è anche attesa frenetica, litigate con la moglie che vuole uscire, è punzecchiare un amico che sai amico, ma è pur sempre della squadra rivale.

È la soddisfazione di dire che hai vinto, anche se non hai vinto tu personalmente, hanno vinto 11 persone in braghe, ma guardando gli amici della squadra avversaria dici: “Abbiamo vinto noi!”.

Certe volte mi chiedo cosa  spinga a stare così tanto appresso a un pallone preso a calci da ventidue persone moderate da un omino che si erge a giudice.

La risposta non tarda ad arrivare: è emozione.

 Antonio Soriero

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