C’era una volta una squadra che giocava un gran bel calcio, molto ben organizzata e guidata da un tecnico emergente.
Tutti la elogiavano e molti dei giocatori di quella squadra, chiamata Udinese, venivano descritti come fenomeni e convocati in blocco nella nazionale maggiore.
La squadra mieteva successi e sembrava potersi addirittura candidare per un posto in Champions League.
Poi, ad un tratto, forse un umido lunedì a Udine o forse di ritorno da qualche trasferta di successo, arrivò uno strano morbo a rovinare il sogno dei tifosi friulani.
Questa sensazione, trasformatasi in sentimento, si presentò come “Peccato della presunzione”.
Subito un alone di superbia pervase la squadra, tutti i giocatori si sentirono come le “camisetas blancas” di Di Stefano, Quagliarella si convinse di essere il nuovo Rummenigge e Di Natale di poter far impallidire Messi.
Tronfi di questa convinzione, i giocatori dell’Udinese vedevano le proprie presunzioni infrangersi, subendo sconfitte su sconfitte, ma non sazi e convinti di poter sempre di più, si presentarono una domenica di Natale in casa del Milan carioca, con l’atteggiamento di una squadra che ha vinto lo scudetto da due domeniche.
Il Milan, guidato dal mago Ronaldinho e dall’apprendista stregone Pato, ridicolizzò con le sue arti magiche l’Udinese e la scacciò verso il dodicesimo posto.
Insomma nel regno dominato dall’Inter pochi provavano a reagire, il Milan dei maghi verdeoro appunto e i bianconeri di Torino, guidati anch’essi da un brasiliano che brasiliano del tutto non era: era un mix di forze, aveva la tecnica di un brasiliano unita alla prestanza atletica di un bomber inglese.
Roma veniva travolta dall’eruzione dell’Etna che con tre lapilli annientava la formazione guidata dal malconcio cavaliere Totti.
Infine il Chievo, la squadra dei panettoni, proprio a Natale si immalinconiva particolarmente, facendo diventare amaro anche il migliore dei Paluani voluto dal proprio Presidente.
Il calcio è una favola, buon Natale a tutti.
Antonio Soriero