SOVERATO – Provo a scrivere qualcosa che riguardi le prossime elezioni comunali di Soverato e lo faccio immaginando e sperando che a leggere non siano soltanto i politici locali o addirittura il Presidente Barack Obama che mi è piaciuto utilizzare per il fotomontaggio (simpatico?) della foto inserita in questo post ma soprattutto tanti cittadini ed in particolar modo quelli distante dalla vicende politiche. Al momento il clima politico in città appare influenzato dall’appuntamento elettorale ma bisogna rilevare una certa difficoltà a prefigurare scenari in cui diventi possibile individuare precise alleanze. Dai comunicati e dai boatos sembra proprio infatti che l’intesa Udc-Pdl che sino a questo momento ha tenuto saldo il governo cittadino, non sia così scontata. O meglio: l’Udc è pronta a partire dall’alleato locale storico nella costruzione di una possibile coalizione ma è pronta ad ascoltare tutte le forze politiche. E sembra che anche a sinistra una campagna di ascolto sia in atto. Non si può escludere che a generare questo stato di cose siano, da un lato le ambizioni di diversi politici locali a sedere sulla poltrona di sindaco, troppe forse, anche se non manifestate apertamente dagli interessati, e dall’altro la difficoltà da parte delle forze politiche nel riconoscere “senza se e senza ma”, un leader a cui affidare la responsabilità di guidare la propria coalizione. Che fare? Ebbene come ci è capitato di fare in un’altra occasione, anche se non ha sortito alcun effetto probabilmente perché il quadro politico non aveva le caratteristiche simili a quelle soveratesi (elezioni a Satriano ndr), poiché un leader da una coalizione in quel caso era stato individuato tanto che stravinse le elezioni, si potrebbe pensare alla seguente soluzione politica per le prossime amministrative. Forse l’idea è curiosa ma non è detto che non sia praticabile: bisognerebbe costruire in sostanza un accordo politico adottando il modello della repubblica consolare di Roma. In sostanza, si tratterebbe di concludere un accordo secondo il quale, la guida politica di Soverato spetterebbe non ad un solo uomo ma a due, con pari poteri. Naturalmente, dal punto di vista giuridico ci sarebbe un sindaco, una giunta e un consiglio ognuno con le sue competenze e responsabilità ma le decisioni politiche dovrebbero cadere su due uomini: individuati magari nel sindaco e vicesindaco. Cosa produrrebbe una siffatta situazione? Innanzitutto una maggiore coesione sociale e l’eliminazione dell’inevitabile risentimento di esclusione degli sconfitti che genera, specie nelle piccole comunità, il proliferarsi di litigi e battaglie spesso poco utili alla collettività. Non solo. A volte gli sconfitti hanno buone idee e capacità amministrative che essendo attribuibili ai perdenti non trovano molto spazio a farsi avanti per un naturale orgoglio che caratterizza l’azione dei vincitori. A ciò si aggiunge che la gestione amministrativa futura di Soverato come per molti enti locali avrà spazi di manovra molto ristretti che consentano una caratterizzazione politica dell’attività svolta. Del resto è abbastanza frequente trovare uniti molti sindaci di colori diversi in rivendicazioni comuni. Quindi una volta stabilito “il consolato” bisognerebbe ragionare anche sul modo attraverso il quale, questo potere “consolare” dovrebbe esercitarsi. Un’indicazione ci arriva proprio facendo riferimento alla forma di governo dell’antica Roma che va sotto il nome di repubblica consolare. In sostanza vi erano due consoli che avevano pari poteri. Nel caso uno di essi prendeva una decisione che l’altro non condivideva quest’ultimo poteva esercitare la c.d. intercessio (il veto), ovvero opporsi al provvedimento impedendone l’esecutività. Per evitare situazioni di stallo gli antichi romani in genere organizzavano il comando in forza di accordi politici tra i consoli in maniera tale che in distinti settori di attività un solo console esercitava in effetti il potere, senza che l’altro esercitasse “l’intercessio”. Il sistema più in uso e conosciuto era quello dei turni, secondo il quale i due consoli dividevano l’anno in mesi in cui si davano il cambio nel disbrigo degli affari. Oppure i consoli si dividevano le competenze che ciascuno di essi esercitava per la sua parte in via esclusiva. Un’ultima osservazione di natura storica che potrebbe essere letta in chiave ironica pensando a Soverato. I romani solevano riconoscere gli anni a secondo del nome dei consoli (consoli eponimi). Ad esempio l’anno 59 a.C. in cui i consoli erano Giulio Cesare e Marco Calpurnio Bibulo era chiamato “consolato di Cesare e Bibulo”. Scherzosamente però i cittadini dell’antica Roma erano soliti indicare quell’anno, considerando l’autorevolezza di uno dei due consoli, (il grande Cesare) così: consolato di Giulio e Cesare. Sarà così anche a Soverato? Per il momento di “Giulio Cesare” non se ne vedono. Forse di Bibulo ce ne sono tanti.
Fabio Guarna