Rabbit Hole

Rabbit Hole
Rabbit Hole

Titolo originale: Rabbit Hole
Genere: Drammatico
Origine/Anno: Usa – 2010
Regia: John Cameron Mitchell
Sceneggiatura: David Lindsay-Abaire
Interpreti: Nicole Kidman, Aaron Eckhart, Miles Teller, Phoenix List, Sandra Oh, Dianne Wiest, Jon Tenney, Giancarlo Esposito, Tammy Blanchard, Patricia Kalember
Montaggio: Joe Klotz
Fotografia: Frank G. DeMarco
Musiche: Anton Sanko
Scenografia: Kalina Ivanov
Giudizio: 7 ½

Trama: Una giovane coppia perde il suo unico figlio, un bambino di poco più di tre anni, in un tragico incidente stradale. Sono passati otto mesi dall’accaduto, ma il trauma non è ancora superato. Le reazioni dei due all’evento sono differenti e tali da condurli sull’orlo della rottura.

Recensione: l’ultimo lavoro di John Cameron Mitchell è un film cupo, dimesso, sofferto. Una lenta e faticosa rielaborazione di un lutto che ha sconvolto la vita di una coppia che aveva conquistato la propria fetta di benessere ed ipotecato un solido avvenire. Un implacabile resoconto dei tentativi, destinati all’insuccesso, di Becca e Howie di ritrovare una quotidianità, di continuare a dare un senso alle cose, di imprimere una direzione ai loro sforzi.
Ma i due reagiscono in modo differente. Lei convive con un dolore denso e opprimente che la costringe a chiudersi sempre più in se stessa: lascia il lavoro, si dedica ad una maniacale ed ostinata cura della casa e del giardino, rifiuta gli inviti a cena dei vicini. Lui si tuffa invece nel lavoro e nelle partite di squash, e riprende a vivere con rabbia, anche se non riesce a separarsi dal ricordo del piccolo Danny (i video dell’iPhone ossessivamente rivisti durante la notte, il seggiolino del bimbo mantenuto sul sedile di dietro dell’auto).
Così, lentamente ma inesorabilmente, Becca e Howie si allontanano. Non hanno più nulla che li tenga uniti, se non un ricordo elaborato diversamente, vissuto diversamente ed ugualmente insopportabile.
Film intenso, intimo. Personaggi autentici nel loro dolore, credibili nello sviluppo delle proprie nevrosi. La Kidman/Becca, nomination all’oscar come miglior attrice protagonista, svetta su tutti: il suo tentativo di dare gli abiti di Danny alla sorella incinta perché li faccia indossare al bambino che sta per nascere, il suo rapporto d’amicizia (un attaccamento quasi morboso) con l’adolescente che qualche mese prima era al volante dell’auto che ha travolto Danny danno il senso di una persona esausta che cerca di orientarsi a tentoni in un buio profondo. La scrittura è robusta, senza sbavature. Belle le parole di Dianne Wiest/Nat, madre di Becca, sulla perdita del proprio figlio (morto trentenne per overdose e più volte accostato al nipotino Danny, nel suo tragico destino) e sulla trasformazione del dolore che ne è derivato in un mattone che ti porti sempre dietro: qualche volta dimentichi di averlo con te, poi metti una mano in tasca e lo ritrovi là, ed è tutto quello che ti rimane.

Gianfranco Raffaeli

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