Titolo originale: Carnage
Genere: Drammatico
Origine/Anno: Germania, Francia – 2011
Regia: Roman Polanski
Sceneggiatura: Roman Polanski, Yasmina Reza
Interpreti: Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph
Waltz, John C. Reilly
Montaggio: Hervé de Luze
Fotografia: Pawel Edelman
Scenografia: Dean Tavoularis
Costumi: Milena Canonero
Giudizio: 8
Trama: Due bambini litigano in un parco. Uno dei due rimane ferito. I loro genitori si incontrano per cercare di affrontare “civilmente” la situazione.
Recensione: Accolto calorosamente da critica e pubblico all’ultimo Festival del cinema di Venezia, ma estromesso a sorpresa dal palmares, Carnage è un film claustrofobico, graffiante e sfaccettato, che in un crescendo travolgente (soprattutto nel finale) e con uno straordinario avvicendarsi di registri (dal dramma, alla commedia, al grottesco), mette a nudo le ipocrisie e le debolezze dei protagonisti, fa a pezzi (se ancora ve ne fosse bisogno) l’idea di famiglia come cellula fondante della società e di matrimonio come unione indissolubile tra uomo e donna e sgombra il campo da una serie di consolidate convinzioni (o presunte tali) su cui fa leva il concetto del cosiddetto vivere civile, a cominciare dalla (ipotetica) natura altruistica dell’uomo e dal suo bisogno di rapporti sociali.
Il testo è tratto da un pièce di Yasmina Reza, che ha partecipato alla stesura della sceneggiatura insieme al regista. La scrittura è solida e incalzante, i dialoghi pungenti e mai didascalici, il ritmo sempre più serrato; anche se non si può, a questo proposito, non sottolineare la strepitosa prova d’attore dei quattro protagonisti, cui si deve gran parte del merito della resa cinematografica dello script.
Il film parte in sordina. Due coppie s’incontrano nell’appartamento di una delle due, per discutere di un battibecco intervenuto tra i loro bambini. L’impulso a far (pre)valere le proprie ragioni ed a tenere la parte del rispettivo figlio è mediato, da principio, dalla consapevolezza di trovarsi in un contesto che richiede contegno ed aplomb, nonché da un qual certo imbarazzo derivante dalle peculiari circostanze che hanno portato le coppie ad incontrarsi. Il tono, però, dapprima pacato e conciliante e con solo qualche nota piccata qua e là, si fa via via più provocatorio (ed a tratti irriverente), man mano che il discorso, dal generale, scende nello specifico della vicenda e l’interesse delle parti viene toccato nel vivo.
Nel finale, caustico e senza speranza, si ha una degenerazione delle tensioni tra i quattro protagonisti in uno scontro aperto e senza esclusione di colpi; la natura più autentica di ognuno viene a galla (in ciò favorita anche da uno scotch irlandese invecchiato sedici anni che il padrone di casa generosamente dispensa agli ospiti ed alla moglie) e travolge ogni traccia di residuo rispetto delle convenzioni sociali.
Gli espedienti narrativi adottati per rendere palpabile il deterioramento dell’incontro, prima, ed il suo scadimento nel grottesco, poi, dall’attacco di nausea di Nancy/Winslet, che porterà quest’ultima a dare di stomaco sul catalogo (introvabile) di una mostra londinese di Kokoschka del 1957, al cellulare di Alan/Waltz che squilla di continuo, quasi a fare da contrappunto alla sempre più paradossale conversazione tra le due coppie, sono puntuali e convincenti, e sorretti da una messa in scena e da una recitazione che si incastrano come ingranaggi di un orologio.
Di grande impatto, il gioco di alleanze che si creano e si disfano lungo il corso della vicenda e che vede dapprima una coppia contrapposta all’altra, poi i mariti contro le mogli e, tra i due estremi, una lotta di tutti contro tutti, in un alternarsi di convenienze contingenti e calcoli strategici che nulla hanno a che vedere con la tanto sbandierata convivenza civile.
Una curiosità per concludere: le due coppie del film paiono come bloccate nell’appartamento, prigioniere della casa in cui si trovano, incapaci di uscirne: sembra quasi che, con questo ulteriore elemento del racconto, Polanski abbia voluto omaggiare Bun~uel ed il suo “L’angelo sterminatore”, film con cui è stata scritta una delle più belle pagine della storia del cinema e realizzato uno dei più riusciti e graffianti quadri della condizione borghese.
Gianfranco Raffaeli