MANOVRA GOVERNO – contraddizioni in parole povere – di William Ranieri – Le parole che ho sentito pronunciare di più in occasione della predisposizione della manovra economica del governo Monti sono state:
– riduzione dei costi della politica ed eliminazione dei privilegi della casta con riferimento ai politici, anche se non è la sola casta presente nel nostro paese;
– equità della manovra facendo pagare le tasse agli evasori, alle rendite e ai grandi patrimoni;
– provvedimenti per incentivare lo sviluppo e quindi l’occupazione.
Senza entrare nel merito di quanto specificamente deciso dal governo, cerchiamo di coglierne la coerenza con le attese e le promesse attraverso le parole del professore Monti in sede di presentazione della manovra.
DELUSIONE: nell’illustrare la manovra economica del suo governo, il professore Monti, mettendo le mani avanti, dovendo ottenere l’approvazione del parlamento, ha detto, fra l’altro, che non è stato il costo della politica (le istituzioni) a creare, nel tempo, il gravoso debito pubblico, ma il “comportamento clientelare della politica“.
Non credo si possa essere d’accordo con il professore Monti; è più giusto dire che entrambi i due aspetti della politica sono responsabili del debito pubblico ma con ruoli ed effetti diversi. I costi della politica come istituzioni (partiti, parlamento, governo centrale, regioni, provincie, comuni, sottogoverno e ancora tanti altri centri politici di imputazione di spese) e come apparato non sono pochi e, poiché sono trasversali, sono resistenti ad ogni tentativo di condurli nell’alveo dell’indispensabile e renderli compatibili con i principi di un bilancio pubblico e con i sacrifici della collettività. E la dichiarazione del professore Monti è significativa. Le riduzioni previste nel decreto, se saranno approvate definitivamente, sono poche e parziali: una specie di calmante per il popolo che contesta, mentre sarebbe necessaria una cura draconiana; ricordano un po’ la eliminazione degli enti inutili: dovevano essere eliminati tutti, ne sono rimasti troppi.
Diversa è la natura dei costi cosiddetti “clientelari“ della politica, trattandosi di istanze territoriali o sociali per lo più legittimi a cui la politica deve dare risposte. Non sono personalizzabili come l’altra categoria di costi della politica e perciò più facilmente incolpabili; non credo però che possano essere eliminati senza produrre un danno sociale; devono essere razionalizzati, questo si, per renderli efficaci ed eliminare gli sprechi.
FREGATURA: continuando nell’illustrazione della manovra, il professore Monti ha coniugato più volte il termine equità con i sacrifici richiesti. Se per equità si intende partecipazione di tutti ad un obiettivo allora la manovra va bene, se l’equità deve essere ricavata dallo spirito della costituzione, allora la manovra non va bene. La minipatrimoniale, le tasse e le accise in aumento colpiscono indistintamente tutti, meno abbienti e ricchi; per il resto inezie sui grandi patrimoni e sulle rendite. Il principio della progressività (articolo 53 costituzione), che è un parametro matematico, non può prescindere, se si vuole veramente concretizzare l’equità, con il concetto economico di utilità e di sacrificio di partecipazione. Semplificando: oggi la misura della progressività non è tale da realizzare l’equità: il sacrificio di chi ha già difficoltà per arrivare alla fine del mese non è paragonabile a quello, pur progressivo, di chi avendo tanto non deve rinunciare a niente. Risulta farraginoso e complicato il controllo dell’evasione delineato negli articoli 10 e 11 del decreto. Sarà pure inefficace la riduzione a 1000 euro per i pagamenti in contanti: Si sa perfettamente chi evade e si capisce che 1000 euro sono sufficienti per continuare. La fatturazione deducibile anche in parte sarebbe stata più efficace.
ILLOGICITÀ: Senza scomodare personaggi che hanno fatto la storia dell’economia, due sono le garanzie su cui può fondarsi il conseguimento e il permanere del benessere della società: il mercato (interno principalmente) dei beni e lo stato sociale (gli investimenti sono lo strumento per lo sviluppo, non il motore); il programma economico del professore Monti li disattende entrambi. Non si comprendono gli articoli 1, 2, 5, 6, ma anche altri articoli del provvedimento, a fronte di una generale diminuzione della capacità di spesa delle famiglie (IVA, ICI).
CONGELAMENTO DELLA PEREQUAZIONE DELLE PENSIONI superiori a 936 euro come se anche il doppio di questa cifra fosse una pensione da nababbo, ecc.). Il professore Monti che è un insigne professore di economia conosce le relazioni tra le quantità che muovono l’economia e sa che non c’è offerta e quindi la necessità di investire senza la domanda; sa perfettamente che il rigore non si concilia con lo sviluppo. Questa manovra sembra più una manovra di equilibrio di bilancio che una manovra di sviluppo.
A giustificazione del professore Monti e del suo governo c’è da dire che con un governo a termine senza prospettive future e con richieste di segno opposto da parte dei partiti che devono tenere in vita il suo governo non poteva che fare quello che ha fatto; il loro demerito sta nel non avere avuto il coraggio (o forse non potevano) di adottare, seppure con equilibrio, misure più attese e tendenzialmente idonee a prospettare sia idonei risultati di bilancio che concrete ipotesi di sviluppo; avrebbero sortito in questo caso due effetti: sarebbero apparsi governanti illuminati e avrebbero messo in mora la politica davanti ai cittadini.
William Ranieri