
Titolo originale: Midnight in Paris
Genere: Commedia
Origine/Anno: U.S.A. – 2011
Regia: Woody Allen
Sceneggiatura: Woody Allen
Interpreti: Owen Wilson, Rachel McAdams,
Marion Cotillard, Kathy Bates, Carla Bruni,
Adrien Brody, Michael Sheen, Léa Seydoux, Kurt
Fuller, Gad Elmaleh
Montaggio: Alisa Lepselter
Fotografia: Darius Khondji
Scenografia: Anne Seibel
Costumi: Sonia Grande
Musiche: Stephane Wrembel
Giudizio: 7 ½
Trama: Uno scrittore americano, che realizza sceneggiature per produzioni hollywoodiane ma ambisce a fare il romanziere, approfitta di un viaggio d’affari della famiglia della futura moglie per immergersi nell’atmosfera della città che più ama: Parigi!
Recensione: Intrigante, magico, seducente! Con Midnight in Paris, Woody Allen ritrova la verve (e le atmosfere) dei momenti migliori e realizza una commedia il cui intreccio, appassionante e coinvolgente fin dalle prime battute, riesce ad incantare lo spettatore, prendendolo per mano e conducendolo in un universo parallelo in cui tutto può accadere: assistere ad un’esibizione di Cole Porter al pianoforte, conversare con un Hemingway poco più che trentenne, incontrare personaggi del calibro di Eliot, Scott Fitzgerald, Gertrude Stein, Buñuel, Picasso e Dalì, innamorarsi della bella Adriana, interpretata da una strepitosa Marion Cotillard, ed andare in carrozza in compagnia di quest’ultima fino al Moulin Rouge dei tempi della Belle Époque, con tanto di Toulousse-Lautrec seduto ad un tavolino che assiste, solitario, allo spettacolo di can-can rappresentato.
Certo, forse i personaggi chiamati in causa rischiano di affastellare un po’ troppo la scena e dare adito ad una strisciante e fastidiosa impressione di artificiosità; ma, al di là di qualche eccesso citazionista, rimane la straordinaria capacità di Midnight in Paris di riuscire a sostanziare quella peculiare caratteristica del cinema di ogni tempo che è il far sognare chi si trova dall’altra parte dello schermo (anche se qui il primo a sognare, o meglio a realizzare un sogno, è proprio Gil, il protagonista del film)! Così, lo spettatore, immerso nell’atmosfera magica che Allen ricostruisce (dosando con estrema oculatezza tutti gli ingredienti caratteristici del suo cinema e togliendo, stavolta, qualche manciata di pessimismo per sostituirla con una spruzzatina di surrealismo), stregato da una galleria di personaggi famosi che fanno parte dell’immaginario di ognuno di noi (chi non ha mai ammirato un quadro di Picasso, letto un libro di Hemingway od ascoltato un brano di Cole Porter?), deliziato da costumi, musiche e luci soffuse, rivive in tutto il suo splendore l’età più affascinante di una della città più belle al mondo!
E se una riflessione sull’incapacità di vivere il proprio tempo, rifugiandosi in un passato idealizzato, abbandonandosi, come consolazione/sublimazione per le proprie inadeguatezze, alla nostalgia di una stagione dorata che solo per un beffardo scherzo del destino non si è potuta vivere, adombra la ribalta luminosa che delimita lo spazio della scena alleniana, la costruzione per accumulo (di personaggi celebri e citazioni d’ogni genere) non appare affatto stucchevole ed il ritmo leggero del film può prendere forma sostanzialmente senza incertezze o forzature.
Le prime inquadrature, tra la Senna e Notre-Dame, Montmartre e Saint Michel, ricordano l’incipit di Manhattan: anche qui l’inizio di tutto sembra essere una solenne dichiarazione d’amore nei confronti di una città. Ma il film si discosta presto dai più cupi toni newyorkesi e dalle nevrosi di Isaac per navigare nelle tranquille acque del sogno bohémienne immaginato prima, vissuto poi da Gil.
Finale, più che lieto, ottimistico; il che è abbastanza inconsueto per un regista che si autodefinisce dal temperamento malinconico ed ha una predilezione per il retrogusto amaro.
Gianfranco Raffaeli