SERIE A – Una Juve come quella di ieri sera non si vedeva dai tempi di Lippi.
La Vecchia Signora che strapazza la Roma, e pone tre punti tra sé e il Milan, è guidata da un sublime “cervello”, Andrea Pirlo, ma ha anche un’anima, un cuore, un punto…. Vidal.
Il cileno è arrivato nell’estate 2011 alla Juve, accompagnato dalle vibranti proteste dei dirigenti del Bayern Monaco che lo accusavano di non aver mantenuto la parola. I bavaresi infatti lo volevano a tutti i costi, a Leverkusen Arturo aveva impressionato.
Sin dalle prime uscite in maglia bianconera, Vidal ha fatto vedere a tutti quale sia la sua cifra, il suo carattere indomito, tanto da confermare anche in Italia l’appellativo di “guerriero”.
Il guerriero è cresciuto in questi mesi di calcio italiano e nelle ultime partite è l’arma in più della Juve.
Con una doppietta nei primi otto minuti di gioco stordisce la Roma, facendo saltare all’aria il progetto di Luis Enrique.
Vidal ha una micidiale capacità di inserimento accompagnata da un moto perpetuo. Ruba decine di palloni e fa ripartire l’azione. È il ponte della Juve, fa transitare il gioco dalla difesa all’attacco.
La fortunata circostanza di giocare al fianco di Pirlo gli conferisce la sicurezza di non dover impostare. Arturo deve solo fare il suo. E lo fa benissimo. Era dai tempi di Davids che sotto la Mole non si ammirava qualcosa di simile.
I bianconeri lasciano alla Roma le briciole e si proiettano decisamente verso lo scudetto, anche grazie al mezzo passo falso del Milan, costretto in casa al pareggio contro il Bologna.
Non bisogna mai sottovalutare i felsinei, hanno in Ramirez e Di Vaio due giocatori di primissimo livello. L’uruguaiano, in particolare, sembra finalmente pronto per una grande squadra.
In fondo alla classifica si alza vertiginosamente la quota salvezza, merito del combattivo Lecce di Cosmi che ottiene un punto d’oro a Roma. Le speranze si stanno trasformando in certezze, i salentini possono farcela, forse a discapito di un grande nome che rischia di inabissarsi nel proprio mare: il Genoa.
La squadra di Malesani è allo sbando.
I rossoblu incassano 4 goal in casa nel primo tempo, non dal Real, ma dal Siena.
Malesani decide quindi di far entrare Kaladze, noto bomber.
Si scatena a quel punto la rabbia, ingiustificabile, cieca e volgare, degli ultras genoani che inveiscono contro i giocatori rossoblu, tenendoli in ostaggio sul campo per più di 45 minuti. Solo la mediazione di Sculli, novello Gianni Letta, consente la conclusione di una partita “di plastica”, fasulla.
Uno spettacolo da saloon che ricorda quello tenuto dagli ultrà serbi sempre a Genova, nell’ottobre 2010.
Il fatto che lo stadio del capoluogo ligure debba essere teatro di simili manifestazioni è offensivo per la città, per le due gloriose squadre che la rappresentano e per il tifo vero, quello di migliaia di persone perbene che trattano il calcio per ciò che è, uno sport con una palla presa a calci.
Per qualcun altro è vita, o meglio vita parallela, occasione in cui sfogare tutte le frustrazioni che la vita vera continua a dispensare.
Un ring, in cui comandano in pochi.
Basta.
How long, how long must we…. say this word? (Parafrasando gli U2 e in onore delle origini anglosassoni del “Genoa Cricket and Football Club”)
Antonio Soriero