
Titolo originale: Django Unchained
Genere: Drammatico/Western
Origine/Anno: USA – 2012
Regia: Quentin Tarantino
Sceneggiatura: Quentin Tarantino
Interpreti: Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Kerry Washington, Samuel L. Jackson, Walton Goggins, Dennis Christopher, James Remar, David Steen, Dana Michelle Gourrier
Montaggio: Fred Raskin
Fotografia: Robert Richardson
Scenografia: J. Michael Riva
Costumi: Sharen Davis
Musiche: Mary Ramos, Ennio Morricone, Rick Ross, John Legend
Giudizio: 9
Trama: Django è uno schiavo che conosce l’identità di tre fratelli ricercati da un cacciatore di taglie. Quest’ultimo lo rintraccia, mentre alcuni mercanti di schiavi lo stanno trasportando in un’altra città per venderlo, gli dà la libertà e gli propone di diventare suo socio e di essere pagato per sparare ai bianchi.
Recensione: Spettacolare e granguignolesco, catartico e fumettistico, Django Unchained, il western di Tarantino freneticamente atteso dai cinefili di tutto il mondo ed aspramente contestato in patria per la rappresentazione della schiavitù che ne verrebbe data, in (quasi) tre ore di sparatorie e vendette, lotte tra mandingo all’ultimo occhio cavato ed all’ultima martellata in testa, ma anche momenti melodrammatici e suspense durante il teatrale e smodato tentativo di liberare la bella Broomhilda, lascia letteralmente incollati allo schermo nel suo turbinoso susseguirsi di colpi di scena e sequenze mozzafiato, per chiudersi in un trionfo di sangue, carne martoriata, proiettili che forano rotule, budella che saltano per aria.
Intendiamoci, non stiamo parlando di un semplice pulp; ma di un vero e proprio omaggio al cinema western ed in particolare al nostro spaghetti western; o meglio ad un suo sottogenere molto vicino alla sensibilità tarantiniana, se è vero che il film cui si ispira il lungometraggio del regista americano è noto per l’eccesso di crudeltà ed efferatezza. È innegabile, comunque, che Django Unchained è realizzato da un autentico appassionato della saga, come dimostra la sponsorizzazione dello stesso Tarantino al progetto del giapponese Takashi Miike Sukiyaki Western Django, nel 2007, e soprattutto il fatto che proprio Tarantino abbia ripescato il Django lanciato da Sergio Corbucci nel 1966, che, trascinandosi dietro una cassa da morto dalla quale tira fuori una mitragliatrice nel momento della resa dei conti eliminando la quasi totalità degli avversari, ha dato avvio ad una ripetizione seriale del personaggio che conta numerosi emuli e seguaci che hanno tentato di sfruttarne la notorietà internazionale che a sorpresa Django ha riscosso. Ed i riferimenti espliciti al film di Corbucci in quello di Tarantino, al di là del titolo, ovviamente non mancano, come attesta tra l’altro la presenza sullo schermo dello stesso Franco Nero, protagonista del film del ’66 e qui inserito in una parte minore, il cui personaggio parla italiano.
Ma Django Unchained, pur rappresentando una rilettura pulp del genere, pur derivando da una visione peculiare del cinema e potendosi a pieno titolo iscrivere nella filmografia tarantiniana, non lesina affatto quelli che sono gli elementi più caratteristici della letteratura western: dai paesaggi spettacolari, esaltati da campi lunghissimi alla John Ford, ai saloon deserti dove il pistolero di turno aspetta con un bicchiere in mano che si compia il proprio destino; dagli sceriffi che sfidano i cattivi e sputano per terra, alle inquadrature delle canne di fucile, riprese dall’alto, puntate sull’eroe solo contro tutti. Il tutto condito con la giusta dose di ironia ed una sovrabbondante porzione di cinismo! E così fino all’esplosiva, direi, conclusione del film accompagnata dalle musiche de Lo chiamavano Trinità (a proposito delle musiche del film, anche in questo caso c’è di tutto: si va dal Dies Irae del Requiem di Verdi, a ritmi rap, passando per un pezzo di Ennio Morricone composto appositamente per Django Unchained).
C’è infine da sottolineare, da ultimo ma di non minore importanza, la presenza dello stesso regista in una particina secondaria di poche inquadrature: non è una semplice firma dell’autore alla Hitchcock o alla Truffaut. Tarantino sembra voler qui dire: voglio esserci e voglio divertirmi insieme ai personaggi del mio film! E la sua gloriosa sparizione in una esplosione, quasi un trucco da film delle origini alla Méliès, sembra supportare il suo gusto per l’eccesso, il pulp, il colpo di teatro.