Si chiama Luana Fabiano, è una giovane docente di Francese delle scuole secondarie superiori che ha sempre coltivato l’amore per la letteratura seguendo attentamente poeti italiani e stranieri. Conseguita la maturità linguistica ha svolto attività di docente di madrelingua presso alcuni licei francesi della cittadina di Beauvais, quindi laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso l’Università della Calabria, ha conseguito la specializzazione all’insegnamento secondario. Qualche volta, ma molto discretamente, chiacchierando con gli amici e i colleghi ha rivelato di voler far conoscere la sua vena poetica. Oggi è con piacere che ci occupiamo della sua silloge “I covoni della speranza”, Lepisma Edizioni. Nell’era della telematica a darci una mano è ovviamente internet e soprattutto i social network che facilitano i contatti e ci permettono come in questo caso di proseguire una conversazione avviata “de visu” qualche anno fa, quando l’autrice de “I covoni della speranza”, lungo la strada che porta da Soverato a Crotone per raggiungere l’Istituto Pertini, ha raccontato al suo, oggi intervistatore e all’epoca collega docente pendolare dell’Istituto Pertini, il progetto di una pubblicazione che raccogliesse le sue poesie dove “il sentimento della natura si incastra tra i ricordi di una infanzia autentica, colta nell’inestricabile groviglio di illusioni e inevitabili speranze”. La prefazione alla raccolta è di Dante Maffia, raccolta che nel mese di aprile, sarà presentata direttamente dalla casa editrice, Lepisma Edizioni, a Roma. Abbiamo rivolto qualche domanda all’autrice.
Cosa ti ha spinto a scrivere?
Da bambina scrivevo e annotavo le mie emozioni per un paesaggio primaverile o autunnale, piccole gioie o delusioni quotidiane, e ricordo che mi sentivo proprio come Emily Starr. Come lei, ero profondamente attratta dalla bellezza della natura di cui godevo passeggiando in una piccola tenuta di proprietà di una signora. Amavo visitare la mia casetta sulla quercia ogni giorno e sedendomi su un grande e sicuro ramo, la poesia sbocciava
dentro di me: la poesia della natura e della vita che mai annoia. Ma non è solo la passione personale che mi ha indotto a scrivere questa silloge. Scrivo anche per invitare il lettore a non essere distratto o epidermico rispetto alle piccole cose, ad un tramonto, ad un’alba, ad un pesco in fiore, ad un campo di spighe, a non essere soltanto concreto anche se la realtà e la lotta per la sopravvivenza ce lo impongono. Scrivo per esortarlo a non vivere gli eventi o a relazionarsi accecandosi nella trappola della tecnologia. La mia speranza è quella di far riscoprire ad ognuno quel candore che ancora esiste se vogliamo farlo esistere, di persuadere la gente che si può vivere meglio se si impara a rispettare e condividere l’anima del mondo in tutte le sue forme.
Come mai questo titolo?
La scelta del titolo rimanda alla concezione personale della poesia, fatta di improvvise intuizioni, di illuminazioni, di svelamento di verità attraverso la “parola” che si rivela privilegiato strumento di scavo interiore, mezzo epifanico di sensazioni e di emozioni. I covoni hanno il profumo dell’infanzia, della terra, del mondo degli umili, della genuinità dei gesti e dei sentimenti, della vita che nasce, muore e rinasce, della speranza dell’eterno. Affastellati come covoni, i fogli brulicano di parole senza età.
Qual è il filo rosso?
Scrive Maffia nella prefazione: “[…] chi leggerà questo libro si renderà conto di essere davanti a una donna ricca di profondi sentimenti, capace di emozionarsi ancora dinanzi alle cose belle e tristi, dinanzi alle gioie, agli eventi che segnano il passo dell’uomo, davanti alla natura, al paesaggio, al sorriso innocente. Pagina dopo pagina si sente la vibrazione di chi sa stupirsi al cospetto della bellezza e ne sa trarre giovamento”. Questa lettura è confermata anche dalla professoressa Scerbo che afferma: “[…] lo sconsolarsi quotidiano, l’inafferrabile possibilità di credersi al riparo dall’infelicità, non ci pare essere il filo rosso
che attraversala raccolta. […] Ciò che si vede, ciò che risalta agli occhi, anche le cose lontane, avvicinate dal sentire poetico, generano uno sguardo stupito, un sereno riandare nel mondo dei ricordi, un restituire al mondo la grazia che ha perduto. […]Natura, animali, uomini, vita, un fluire incessante lega cose e natura. E’ il mondo di un lirismo essenziale per il nesso che viene evocato da parole quotidiane, apparentemente leggere, per abitudine leggere, chiare nella loro verità una e molteplice, fatta di lingua, ritmo, brevità. Poesia che nel quotidiano sa ritrovare le questioni importanti della vita, con leggerezza, con una ”franchezza finalizzata a svelare ciò che è disumano, insignificante”. Ed è proprio la naturalezza nel suo frastagliato dipanarsi il fil
rouge che lega le poesie: nella disinvoltura e nell’armonia con cui i versi si imprimono e si compongono sulla carta, nella semplicità di temi quali scorci campestri, vita diurna e rimembranze sostenuti da un messaggio di speranza. – Fabio Guarna