SOVERATO – Esiste una classe di intellettuali e letterati soveratesi doc? Esiste. Alcuni non ci sono più, altri stanno o preferiscono stare nell’ombra e altri ancora anche se lontani dalla propria terra sono vicini: col cuore e con i versi. A questi ultimi appartiene Ottavio Rossani, poeta, scrittore, pittore e registra teatrale. Vive a Milano, è laureato in Scienze Politiche e Sociali e fa il giornalista. Attualmente collabora con diversi giornali e riviste con editoriali sociopolitici e recensioni letterarie e si occupa del blog POESIA sul sito on-line del Corriere della Sera (poesia.corriere.it). Per quaranta anni è stato al Corriere della Sera prima come redattore e successivamente come inviato speciale. Una firma prestigiosa di un intellettuale soveratese che ha studiato all’Istituto Salesiano e che con la sua ultima raccolta di poesie Riti di seduzione (Nomos edizioni, 2013, pagg. 83, euro 14) conferma l’attaccamento per la sua terra dedicando alla cittadina jonica diverse poesie. Non tocca a noi l’analisi critica dei versi che verranno presentati nel mese d’agosto a Soverato, ma possiamo spingerci a dire anche se non esperti in materia ma certamente legati come l’autore a Soverato, che le poesie di Rossani dedicate alla cittadina jonica, scolpiscono con i loro tratti l’animo di chi legge come un grande scultore che delinea la sua opera al termine della quale le emozioni trasmesse rappresentano un paesaggio dell’animo e della natura con cui il poeta e lo stesso lettore si fondono. In coda i versi di una delle poesie presenti nella raccolta intitolata “Soverato”. Un piacere per chi scrive questo post che condivide con il poeta – si parva licet componere magnis – l’esperienza giornalistica ma ancor di più l’amore per Soverato e la “militanza” all’Istituto Salesiano. – Fabio Guarna
SOVERATO
Punta di sabbia nel mare,
frange di sole nel golfo,
mattine paludate di brezza,
sere incendiate di cremisi.
Soverato si stende arruffata
dalla collina al mare,
tra l’Ancinale e un torrente
tra cementi e ombrelloni.
Torno ogni volta sopreso
dalla mutevolezza immutabile
torno ogni volta ammaliato
dal nitore della luce d’oriente
che spoglia l’informe brucìo
delle secolari pigre furbizie.
Eppure questa lingua di terra,
sole, sale e venti africani
ha grande fame d’amore.
E ci affogo, senza scampo