“Maros, la luna e l’Ancinale di Fausto Ranieri, satrianese doc, un libro “scandalo” come sembra piacere venga così defiito all’autore ma che in realtà, come lui stesso ammette “senza mai cadere nel volgare tratta dell’amore fisico in modo poetico e, quando si spinge al limite, ne parla in modo chiaro e del tutto naturale”. Può definirsi spiega Fausto Ranieri, “un libro onirico, poetico e visionario, di facile lettura, sospeso tra realtà e sogno. Le prime pagine – continua – perfuse da una melanconica visione della vita, diventano agili e briose nella seconda parte, e vaneggianti nella terza. Senza ipocrisia e lontano dai giudizi puritani della religione che ha inculcato nei credenti la convinzione che il sesso sia cosa brutta e sporca, in altri termini peccato, il libro tratta dell’amore fisico in modo poetico e, quando si spinge al limite, ne parla in modo chiaro e del tutto naturale senza cadere nel volgare.
La parte centrale, – spiega Ranieri – quasi tutta al femminile, è un inno alla donna, alla sua bellezza, alla sua grandezza e alla sua perfezione. Il racconto, inoltre, è caratterizzato da diversi excursus o “voli pindarici” di piccola o media entità che agganciano il lettore e non danno modo e tempo a chi legge di annoiarsi in un piatto, monotono e, a volte, prevedibile scorrere di fatti ed eventi. Poesia, saggio, prosa e momenti di riflessione si intersecano tra di loro e si amalgamano e, come in una opera lirica, parecchi capitoli iniziano con un preludio che trasporta dritto nel mondo meraviglioso dell’ultima civiltà contadina del Sud vissuta in modo del tutto naturale e vista e narrata con gli occhi incantati di un bambino. In questa nostalgica dimensione di vissuto bucolico e rustico, a volte anche selvaggio e primitivo, del protagonista, il libro spazia dal dramma alla commedia, dall’opera buffa al fantastico, al sovrannaturale. I termini – conclude l’autore – in lingua calabrese (si badi bene, lingua, non dialetto !), orgogliosamente e volutamente usati, colorano e rendono meglio il corrispondente italiano di concetto”
Si tratta di un lavoro che tira dentro anche Willy, ovvero William Ranieri, anche lui satrianese doc e amico da una vita dell’autore che con ironia ma anche con sottile arguzia interviene con una lettera “aperta a Maros”. Un modo per attirare l’attenzione sui contenuti del libro ma anche per raccontare un episodio che sembrerebbe, seppur in maniera leggera, fissato nella memoria dei due amici. Ranieri in premessa chiarisce che la “lettera aperta a Maros” non è una recensione del libro – non sono del mestiere e non saprei farla -, è solo un cameratesco commento ad un episodio narrato nel libro i cui protagonisti sono Maros e Willy. E’ un episodio piccolo rispetto al contenuto dell’opera, ma è interesante e va oltre l’episodio in sè, perchè consente, andando avanti nella lettura del romanzo di cogliere la crescita biologica e comportamentale di Maros, ma di tutti i Maros, me compreso, in quella cultura contadina (preferisco la cultura di oggi, la donna meno mitizzata, ma più libera), rispetto al genere femminile; una evoluzione che non cancella, ma arricchisce quella visione di bellezza interiore ed esteriore della donna, già presente (così bianca, così pulita, così profumata) nell’episodio della lettera aperta, portandola a maturazione e compimento.
Scrive William Ranieri
Caro Maros,
nel libro dei tuoi ricordi ( o sogni? ), intitolato ” MAROS, LA LUNA E L’ANCINALE “, vengo gratificato delle definizioni di ” amico del cuore ” e di ” cretino “. Testualmente:
” Un giorno mentre saliva ( Maros ) le rampe di scale che, dal passaggio a livello, si inerpicano sino all’Istituto ….., l’amico del cuore ( Willy ) gli si accosta all’orecchio e con voce complice, sommessa: Senti, ma tu lo sapevi che le donne, una volta al mese, perdono sangue?-
Sangue? Ma che stai dicendo!-
Si, si,ti dico che perdono sangue, e proprio ” da lì “.
Non ci credette.
Figuriamoci se anche Lei…. Così bianca, così pulita e profumata:
Ma non esiste! Sei proprio un cretino, mio caro Willy.
Durante le ore di lezione, però, la sua certezza venne minata dai dubbi “.
Mi riconosco pienamente nella prima qualificazione ( quanto tempo insieme a caccia di passeri, di bisce e di lattughe, o a leggere Tex, Capitan Miki e Black Macigno! ). Impossibile in quanto illogica rispetto al fatto la seconda qualificazione che nella fattispecie è un vero boomerang.
Non nego che nella vita ” nu momentu e cazzunaggina u potimu avira tutti “, ma quello non era il mio momento. Nel fatto descritto nel libro, io ti comunicavo una verità assoluta e universale, allo stato, tanto più vera in quanto fattuale, dimostrabile. Ti illuminavo su una fase del ciclo della procreazione, della fertilità della donna, che tu evidentemente non solo ignoravi, ma destava in te una sensazione sgradevole , inconciliabile con ” Lei… … Così pulita, così profumata . Ma non esiste! “, tanto da apostrofarmi malamente.
Dai, dì la verità, ora! Allora tu credevi ancora al cavolo e alla cicogna. Quindi ti faccio la domanda di recupero: in quel contesto, chi tra noi due attraversava il momento di cretinaggine?
Ma no, non ti crucciare, non era nemmeno il tuo momento, eri solo un ingenuone che sfogliava ancora la margherita: m’ama, non m’ama “.
Poi sei cresciuto, sei diventato molto bravo nella materia – lo si rileva anche dal libro -, più bravo di me, anche, devi riconoscerlo, per merito mio. Da subito, infatti, i dubbi; dubium sapientiae initium – Cartesio -.
Avrei letto con piacere, quindi, in fondo alla pagina dove esponi il fatto, una noticina con la rivalutazione del mio ruolo.
Lo farai nel prossimo libro, scrivendo che Willy è il ” più migliore ” , forma grammaticale di recente legittimazione.
Il tuo amico del cuore, Willy.