Nelle serene notti estive, sotto un cielo stellato, molti hanno sollevato un calice di Prosecco, quel nettare effervescente che, con la sua essenza inconfondibile, ha sedotto non solo il Bel Paese ma anche le terre d’Europa e del resto del mondo. Eppure, questo emblema della nostra tradizione vinicola si trova ora sull’orlo di un precipizio, non a causa di capricci del mercato o mutevoli gusti, ma per un avversario ben più vasto e inquietante: le mutate dinamiche climatiche. Le dolci colline del Settentrione, culla delle viti del Prosecco, stanno patendo le alterazioni di un clima che non perdona. E la minaccia non si ferma al Prosecco. Nettari come il Burgundy, il Grand Cru e il Cabernet Sauvignon potrebbero trovarsi sullo stesso sentiero tortuoso. Ma, tornando al Prosecco, quest’anno le sue vigne hanno dovuto resistere a diluvi primaverili, grandinate feroci e un’estate che ha evocato più un calderone ardente che un periodo di dolce calura. Le piogge incessanti, seguite da periodi di siccità, hanno messo a dura prova le viti, rendendo la raccolta non solo scarsa, ma anche di qualità inferiore. È un campanello d’allarme che non possiamo ignorare. Il Prosecco, con la sua storia e tradizione, rappresenta non solo un patrimonio enologico, ma anche un tessuto economico e sociale di intere comunità. E mentre ci preoccupiamo per il futuro di questo vino iconico, dobbiamo anche riflettere sulle azioni da intraprendere per proteggere e salvaguardare un settore così vitale per il nostro Paese.