L’eco di “reati penali” riecheggia con insistenza sugli organi d’informazione. A un orecchio o a un occhio distratto, potrebbe suonare come una formula solenne; tuttavia, chi possiede una minima conoscenza del diritto sa bene che l’espressione è un pleonasmo. In sostanza, dire “reato penale” equivale a dire “silenzio muto”, “ombre scure” o “bisbigliare sottovoce”. Ogni reato, per definizione, appartiene all’ambito del diritto penale, quindi la parola “penale” non fa altro che ribadire un concetto già implicito nel termine “reato”. Ma perché, su tanti media, molti adottano un’espressione così palesemente ridondante? Una prima ipotesi potrebbe essere un tentativo maldestro di conferire una certa gravità a “fatti penalmente rilevanti” (questa è un’espressione corretta), oppure chi usa tale formula potrebbe cercare di indossare la maschera dell’esperto, inciampando però in una trappola verbale. In quest’ultimo scenario, c’è qualcosa di ironicamente divertente: chi scrive non può fare a meno di provare un sottile piacere malizioso nel vedere celebrità mediatiche inciampare in tale gaffe. Dunque, quando sentirete qualcuno parlare di “reato penale” o “reati penali”, sorridete e pensate che, come dicono gli inglesi, “The devil is in the details”, ovvero “Il diavolo si nasconde nei dettagli” .E, in questo caso, anche nell’ironia, soprattutto quando l’errore diventa chic per chi aspira a brillare.
Fabio Guarna