Satriano calcistica, un po' di storia. Dalla "carcara" dove produceva mattoni l'imprenditore Giuseppe Soriero ad oggi.di Raffaele RanieriSe le vicende dei lavori alla Chiesa Madre possono considerarsi,come ha detto il Sindaco nell'ultima riunione del Consiglio Comunale,in una “fase positiva”,a Satriano adesso è di turno la protesta,sia da parte di giovani che di adulti,per il blocco dei lavori,ormai da quasi un anno, per la struttura sportiva che si stava realizzando in località Santa Trada. Che cosa sarà successo,si chiede da ogni parte?Certo qualcosa di grave perchè i lavori volgevano al termine,anche se pare si è constatato che la corona di cinta in cemento armato al rettangolo non abbia retto.E la storia del campo sportivo (non riferita all'attuale costruenda struttura) ha,ancora una volta, dell'incredibile,come se una sorte di maleficio incomba sinistro su tale aspettativa. Eppure la memoria di tanti ricordano come Satriano sia stato sempre all'avanguardia nel settore. Forse nessuno ha fatto caso: ma ci fu proprio in tempi di “magra”,che Satriano aveva quattro spiazzi dove i ragazzi si ritrovavano per dare due calci ad un pallone di pezza,di gomma,poi di cuoio. Uno sull'altura di S.Antonio.Qui vi era un tempo la “carcara” dove l'imprenditore Giuseppe Soriero nell'immediato dopoguerra produceva i mattoni pieni. Con gli anni la piccola fabbrica,grazie anche all'immissione di manufatti più utili,venne abbandonata. Si ricavò un ampio spiazzo sia in larghezza che in lunghezza -mancavano gli attuali edifici in zona-- sufficiente per la gioventù di allora per organizzare vere sfide calcistiche. Il secondo era ai “monaci”,altro slargo in terra battuta nella parte sud del paese e anche qui non mancavano gli “scontri” tra “lirtu” e “vasciu”. Il terzo,nella parte alta,era sul “castello”,un po' scomodo da raggiungere,ma serviva per fare fiato. E infine,non vien da credere,c'era " l ‘Olimpico",regolamentare,anche se in terra battuta,sulla storica “fontana vecchia”.Tale rettangolo di gioco, ricavato tra piccole collinette che fungevano da gradinate, era stato costruito nel 1934,esattamente settantaquattro anni fa,con il ricavato della vendita a privati di spazi e loculi cimiteriali." L'Olimpico" resiste ancora,anche se oggi non corrisponde alle esigenze. Qui si giocavano le partite ufficiali e le gloriose squadre di allora difendevano il prestigio di Satriano. Poi venne lo “spiazzo” sul “K/2”, distrutto dalle intemperie. E infine la costruenda struttura moderna di Santa Trada alla quale si guardava con fiducia e gioia. Ma da più di un anno i lavori sono stati sospesi. Quale “partita” si dovrà giocare per vincere l'impasse?
Read More »Satriano, 16 luglio, giornata storica per la comunità
16 luglio, giornata storica per la collettività satrianese - Fra i tanti ricordi la riparazione dell'orologio ordinata dall'allora commissario prefettizio, maresciallo Francesco Guarnadi Raffaele RanieriIl 16 luglio rimane sempre per Satriano una giornata storica della quale ancora oggi rimangono i segni non solo e non tanto sui beni materiali,ma anche e soprattutto nell'intimo di quanti hanno vissuto quei terribili momenti. Come era ed è nella tradizione si festeggiava la ricorrenza della Madonna del Carmelo.La popolazione,pur seguendo con trepidazione le vicende belliche che arrivavano dai vari fronti, dopo aver partecipato alla Messa “Cantata” del mattino aveva da poco lasciata la Chiesa Madre Nel cielo improvvisamente appare uno stormo di aerei “nemici” che con un rombo assordante e minacciando lutti e distruzione scendono e sorvolano a bassa quota l'abitato. Le carlinghe si aprono e sull'abitato di Satriano scendono inesorabili centinaia di bombe esplodendo lungo le strade,sulle case da nord a sud,da est a ovest. Centinaia di abitazioni vengono distrutte,rase al suolo. L'attrazione maggiore è la Chiesa Madre,dove molto probabilmente si sapeva che doveva esserci radunata la gente. La Chiesa Madre “ferita” in modo mortale, in parte resistette. La Statua della Madonna del Carmelo finì sepolta sotto le macerie. Una statua con più immagini,scultura molto antica, e alla quale la popolazione era devota. La Chiesa,un'ala specialmente,fu un cumulo di macerie, venne distrutto il campanile di destra,il vecchio orologio funzionante con i contrappesi finì a terra .La popolazione si è salvata,non ci sono state vittime,ma solo qualche ferito: si è convinti(la credenza popolare lo sostiene ancora)che sia stata la Madonna del Carmelo ad attrarre su di se le “bombe” più pericolose. Si scavò poi tra le macerie e la gente gridò al prodigio: si ritrovò la complessa statua della Madonna del Carmelo integra,così come la si può ammirare,anche se “ripulita”,oggi. Da allora,da quel 16 luglio 1943,la Madonna è divenuta la Co-Patrona di Satriano ed ogni anno la giornata viene ricordata con particolare e sentita solennità e devozione. Anche il vecchio orologio venne riparato: Diede l'ordine l'allora Commissario Prefettizio,non più Podestà, maresciallo della Finanza in pensione Francesco Guarna,che aumentò a datare da allora la paga giornaliera ad una lira al giorno a Vincenzo Diaco che aveva l'incarico oltre che di ripararlo,anche di “controllare e regolare”,due volte al giorno, le grosse pietre che bilanciavano il funzionamento del vecchio orologio meccanico.
Read More »Satriano 1936 e dintorni, una lettura per l'estate
L'estate il piacere di leggere aumenta. Sotto un albero al fresco e nel silenzio della campagna è forse il luogo migliore per leggere un libro. Ma molti si abbandonano ad uno scritto sulla spiaggia sotto l'ombrellone o in riva al mare. Ma c'è anche chi legge sotto il climatizzatore gustando di tanto in tanto una bevanda fresca e magari con il computer davanti. Soverato News vi propone una lettura per l'estate. Si tratta di "Satriano 1936 e dintorni" scritto da Vincenzo Guarna e a noi lasciato. Si tratta di un racconto che l'autore ha scritto tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 (senza peraltro mai pervenire alla sua stesura definitiva) e che, meritamente, a suo dire, egli subito dopo ha confinato in un cassetto dove tuttavia giace probabilmente per sempre. Lo trovate nella sezione di questo sito "Vincenzo Guarna" insieme ad altri scritti dell'autore ma anche per vostra comodità di seguito a questa brevissima presentazione. Si tratta di un racconto, a suo modo, “corale” essendone protagonista - nella seconda metà degli anni '30 e dintorni (1936-1940) - la comunità di Satriano e, a margine di questa la figura del suo Podestà. Un giovane avvocato, quest'ultimo, autoconfinatosi, senza vera convinzione, nel paese d'origine (destinazione, a sua volta e all'epoca, di veri “confinati” ossia dissidenti politici ovvero antifascisti di piccolo calibro e spessore) dopo un promettente inizio di carriera nella capitale dove si era laureato e aveva frequentato, con qualche positivo riscontro i freschi ambienti intellettuali interessati, soprattutto, alla “nuova arte” del cinema.Un'ultima annotazione. Lungo il contesto del racconto sono presenti, qua e là, abilmente fusi e mimetizzati al suo interno, brevi passi di autori più e meno noti della letteratura italiana (Giovanni Villani, Ludovico Ariosto, Gabriele D'Annunzio, etc.). È un “divertissement” cui l'autore indulge senza alcun fine speciale e che, per dire, trova riscontro più frequentemente di quanto non si supponga, in molti prodotti in prosa e in verso della nostra letteratura. Nel brano che riportiamo in calce questo, per così dire, “escamotage” è presente dove si parla del pensiero della morte divenuto in Satriano, come effetto della missione dei padri Redentoristi di Sant'Andrea, “pensiero se non predominante, dominante” (il flash è tratto dal saggio che B.Croce dedica al Foscolo in “Poesia e non poesia”); nella descrizione della figura fisica di padre Anoia nell'atto in cui il religioso si accinge a tenere nel Duomo del paese, la formidabile predica conclusiva della “missione” da lui guidata (il brano è desunto dal ritratto che Alessandro Manzoni fa di Padre Cristofaro – vedi “I Promessi sposi”); quindi in epilogo, nell'endiadi “le colonne e i simulacri”, tratta da Leopardi
SATRIANO, 1936 E DINTORNIdi Vincenzo GuarnaTra la fine di novembre e i primi di dicembre del 1938 Satriano, a un tratto, si immerse nell'inverno e nel Medioevo. Spazzata da un gelido vento di tramontana l'aria si fece tesa e vetrina, i giorni divennero cupi e brevi. E al tramonto lente processioni percorsero salmodiando le strade, si fermarono supplici ai calvari, s'incontrarono ai crocevia e ivi sostarono ad ascoltare predicatori estemporanei compitare dall'alto di una scala o di un balcone, terrei in volto per il clima e la novità dell'esperienza, lunghi fogli dal linguaggio apocalittico intriso di esclamazioni.Il fenomeno, ristretto all'origine ai ceti e alle generazioni, per così dire, di mezzo e caratterizzato da un non so che di gioco, ben presto si incupì e crebbe e coinvolse l'intera comunità. Si può dire che il pensiero della morte divenne in tutti se non predominante, dominante e, con esso, l'intero suo corteo di umane reazioni diverse a seconda dell'indole e della situazione dei singoli e dei gruppi. Si videro antiche inimicizie trascolorare e dissolversi come nebbie d'alba; altre farsi più dense e feroci; delinearsi nuovi patti; infrangersi solide consuetudini. E ben presto corsero voci di nascite mostruose e di eventi straordinari nei paesi vicini: e chi rinvenne sul dorso di una foglia portata dal vento nel suo balcone, chiaramente disegnata la spirale di un serpente; chi tornando a sera, dal suo lavoro in montagna, travide nell'intrico del bosco un piccolo animale di forme ignote e orribili.
Fu anche, quello, il momento di maggior fortuna dei più poveri, ossia di quel particolare ceto sociale che erano a Satriano i più poveri: non mendicanti ma piuttosto clientes di una o più famiglie, da quelle meno bisognose a quelle più agiate e dalle quali, in cambio delle prestazioni più varie e diverse, ottenevano soccorso, raramente in danaro, più spesso in natura o in altri modi (una bottiglia d'olio non del migliore; un fiasco di vino sul punto di andare a male; un grumo di fagioli e di ceci spesso stantii. Ma anche un intervento presso le autorità per il disbrigo di una pratica o per la concessione di un contributo “governativo”, come usava dire, e altro ancora). Nella congiuntura, il soccorso essi l'ottennero con più frequenza e maggior garbo del solito e fu meno parsimonioso e, in alcuni casi, della migliore qualità. Ancorché fossero divenuti meno umili e talora quasi biechi e torvi nel richiedere e meno solleciti e persino restii nel proporre e rendere i loro servigi. Radice e alimento di questo complesso fenomeno era stata ed era l'opera di tre padri Redentoristi del vicino convento di Sant'Andrea venuti in paese a svolgere, - come è nei compiti dell'Ordine - una delle loro “missioni” intese a potenziare il sentimento religioso dei fedeli e a promuovere tra quelli un'intensa vita cristiana.Efficienti, pieni di zelo, infaticabili, essi, senza perdere tempo, già dal primo giorno del loro arrivo si erano messi all'opera. E uno, padre Conca, aiutato dalle suore di Maria Ausiliatrice, aveva preso ad attivare le donne e i ragazzi; un altro, padre Silva, aiutato dall'arciprete, gli uomini; il terzo, infine, padre Anoia, il leader per così dire dei tre, aveva dato inizio, la sera nella chiesa matrice alla sua predicazione (giudicata subito e a tutti i livelli, possente e straordinaria) che ebbe la funzione di coordinamento della “missione” e diede ad essa il tono, la tensione e il fervore che la caratterizzarono. In realtà, se grande fu il successo di padre Conca e di padre Silva, quello di padre Anoia fu addirittura eccezionale: le sue prediche conquistarono rapidamente tutti, dalla più oscura beghina ai notabili dell'una e dell'altra fazione, ai due dottori. Ascoltarle divenne, la sera, un'occasione da non perdere a nessun patto.Persino il Prof. Bevilacqua, trovandosi, com'era solito, a Satriano, pur premettendo d'essere “idealista”, anzi “attualista” e, dunque “ateo nel senso non volgare del termine” non si astenne dall'ascoltarne una e, ascoltatala, dal lodarne, - a malgrado, come disse “una qual certa carenza di rigore logico”- il “vigore fantastico”, la “potenza delle immagini”, insomma “l'altissima qualità letteraria”.
Erano, per farla breve, veramente “da innalzar l'idea” come notò Antonio Ferraro. Certo fu a causa delle sue nefaste condizioni di mente e non già per non essere egli, d'abitudine, frequentatore della chiesa e delle sacre funzioni che il podestà quasi per tutta la durata della missione se ne privò, prediligendo (con scelta che le rammaricate esortazioni e sollecitazioni piovutegli da mille parti, perché ne desistesse non valsero a modificare e che non mancò di suscitare delusioni e sfavorevoli giudizi in tutti gli ambienti riguardo la sua intelligenza e cultura) di percorrere contemporaneamente su e giù il paese fatto, per la circostanza nuovamente e meravigliosamente deserto e come abbandonato, vuote le strade lacerate dal vento, sbarrate le porte, senza fumo i camini sui tetti. Quando però, nella penultima predica, lo stesso padre Anoia, dal pergamo si dolse della sua continua assenza, gli fu giocoforza mutare orientamento e l'ultima sera in compagnia della moglie orgogliosa e raggiante si portò in chiesa insieme a tutta la comunità locale. Quando vi giunse, - in ritardo perché sino all'ultimo, per una sorta di amaro e giocoso puntiglio, da quelli indotti, aveva resistito agli inviti della consorte -, le funzioni preliminari erano concluse e già padre Anoia, montato sul pergamo stava immobile, eretto il busto, il capo chino, le mani afferrate all'orlo della balaustra, non in preghiera, ma teso, assorto, remoto. Entrati in chiesa i due subito si separarono: la moglie attenta a non fare rumore e provocare scompiglio raggiunse il suo posto, tra le file dei banchi della navata centrale, nella zona che, per l'uso cui essa era adibita, l'arciprete, dottamente ma impropriamente chiamava “matroneo”; il podestà rimase con gli altri uomini in piedi nell'androne della navata stessa, nella zona cioè che, insieme con le navate laterali, indicheremo, sempre con l'occhio all'uso cui erano adibite e per non apparire men dotti dell'arciprete, anche se parimenti impropri, come “androneo”. Sotto padre Anoia la chiesa era gremita sino all'inverosimile, il silenzio era folto, compatto, appena segnato, qua e là, da un bisbiglio subito dissolto, da uno strusciare di panca subito spento. Si udiva in alto attraverso le nere vetrate, cupo, sincopato, il rumore del vento. Poi, perdurando il silenzio, il vento parve interrompersi e padre Anoia, eretto il capo, proteso con gesto affabile e tuttavia nervoso il braccio destro, si accinse a parlare.
Era un uomo più vicino ai cinquant'anni che ai sessanta; il capo aveva nudo, salvo una piccola corona di capelli che vi girava intorno, le guance e il mento incavati, rilevata la parte superiore del volto, grandi e come ardenti d'una interna febbre gli occhi. Disse: “un funestissimo annunzio son qui a recarvi, o cari fedeli, e vi confesso che non senza un'estrema resistenza mi ci sono addotto troppo pesandomi di dovervi contristare così tanto l'ultima sera che mi intratterrò con voi”. Un sentimento misto di preoccupazione e di lutulenta ammirazione percorse la folla. Riprese padre Anoia: “solo in pensare a quello che vi devo dire sento agghiacciarmisi, per grand'orrore, le vene. Ma che gioverebbe il tacere? Il dissimulare che varrebbe? Ve lo dirò …” E fece una pausa. Ormai tra gli ascoltatori l'ammirazione aveva ceduto il campo alla preoccupazione, questa si tingeva di sgomento e già alcuni s'interrogavano sulle proprie colpe e su quelle del vicino; altri pensarono a qualche grave delitto che li avesse coinvolti e del quale ancora fossero ignari; altri si guardarono negli occhi; altri elusero l'altrui sguardo. Continuò padre Anoia: “ve lo dirò … tutti, quanti siamo qui, o giovani o vecchi, o uomini o donne, o ricchi o poveri, dotti e indotti, tutti un giorno dovremo morire: “statutum est hominibus semel mori …” Era, quanto andava dicendo padre Anoia, con piccoli adattamenti, l'esordio della prima predica del noto Quaresimale che il Gesuita Fra' Paolo Segneri (1624-1697) tenne nel Duomo di Modena in occasione della Pasqua 1667 e, precisamente, di quella che pronunciò il Mercoledì delle Ceneri. Ma nessuno lo seppe e tutti, invece, appreso in che consistesse il funestissimo annunzio, provarono un senso di sollievo subito, peraltro, venato di rimorso.
Nel podestà esplose, in forma esasperata, l'usato disagio: egli si sentì stretto dalla folla e desiderò fuggire via, ma rimaneva immobile e gli sembrava di soffocare. Padre Anoia incalzava: “ohimé, che veggo? Nessuno di voi si scuote a tanta notizia? Nessuno cambia di colore? Nessuno si muta in volto? Persino in cuor vostro ridete di me che vengo a presentarvi come novità una cosa così nota? Che ognun sa? Quis est homo qui vivet et non videbit mortem?” Sono tra la gente, più numerosi di quanto comunemente si pensi, attori e attrici di singolare e schietta tempra: affatto ordinari d'abito e d'aspetto essi vivono, momento per momento, la loro vita, per quanto trita e banale essa possa essere, con una capacità di immedesimazione, una tensione scenica, un sentimento del tempo, un istinto del pubblico per niente inferiori a quelli del grande interprete di teatro o dell'istrione più consumato. Fu un'attrice così, una buia beghina che, avendo fatto seguire padre Anoia, alla sua citazione in latino, un silenzio duro e minaccioso incombente sulla folla, scattò in piedi dal suo posto in prossimità del presbiterio e con voce acuta e disperata, protese al cielo le braccia gridò: “Signore pietà, pietà Signore, pietà …”. A quel grido, nella folla fu dapprima un ondeggiamento, presto seguito nel matroneo da un incrociarsi di voci, alcune interrogative, altre perplesse, altre già commosse. Poi d'un tratto esplosero, da molte parti, pianti di bambini e strepiti di donne cui dagli andronei si sovrapposero robuste voci invitanti alla calma che confusero e peggiorarono la situazione. E fu chi credette a qualche svenimento improvviso fra la folla e girò interrogativamente il suo dubbio al vicino il quale, scambiata la domanda per notizia, la passò in questa forma ad altri che, pessimista per natura, si convinse e riferì d'un decesso improvviso; chi temette che lo assediasse, rimanendogli ignoto un qualche orrendo prodigio; altri si persuase d'avere avvertito i preludi di un sisma, altri ancora pensò fosse giunta e si stesse diffondendo notizia d'una qualche esterna catastrofe. Fu un momento terribile. Già la folla era sul punto di slanciarsi verso le uscite: si sarebbe travolta, pestata, intasata, accoppata, dilacerata, ne sarebbe derivata una carneficina. Per fortuna, padre Anoia che per la sua posizione eminente aveva potuto avere la massima contezza della situazione nella rapida successione delle sue fasi, superato agevolmente un primo momento di imbarazzo e disorientamento, intervenne in tempo a decantarla. E fosse perizia o solo un felice istinto, lo fece nel migliore dei modi, senza scadere, cioè, in lunghe spiegazioni e vane esortazioni alla calma, ma riprendendo, facendo suo e amplificando - e in questa forma implicitamente chiarendolo e illustrandolo - l'evento che l'aveva provocata: “sì - gridò con voce robustissima - pietà o Signore, pietà della nostra forza che è debolezza e della nostra debolezza che è forza, pietà della nostra povertà che è ricchezza e della nostra ricchezza che è povertà, del nostro odio e del nostro amore, del nostro orgoglio e del nostro pregiudizio …”. La tensione della folla prese a sciogliersi: le voci, lo strepito calarono subito di tono, diradarono; rimase un brusio diffuso, il pianto disperso d'un bambino e ancora qua e là qualche colpo di tosse. Poi fu nuovamente silenzio. Continuò padre Anoia protendendo il capo e le braccia verso il cielo: “cosa altro, Signore, possiamo offrirti se non la nostra domanda di pietà? Hai visto, stasera, o Signore, la nostra fragilità, la nostra viltà, la nostra inettitudine, e forse è stato questo un modo della tua imperscrutabile sapienza per dirci, ancora una volta, che siamo nulla, per ripetere alle nostre coscienze disperse e ottenebrate che siamo polvere: memento homo, memento homo quia pulvis es”. Mai più l'uomo è disposto al pianto di quando sia emerso, indenne, da un grave spavento: intanto che il suo cuore, come avulso da tutto il resto, continua anzi accentua il ritmo frenetico, il nodo dei suoi nervi si discioglie, la sua mente si sgombra, gli attraversano l'anima mille rivoli di ignota tenerezza. Simile se non uguale a questo era, in quel momento, lo stato degli ascoltatori di padre Anoia che intanto, passato dal Segneri al Bartoli (1), con voce triste e arcana diceva: “tutti siam qui passeggeri, e tutti, chi prima e chi poi, arriveremo al termine. Ma corrano, com'è in uso, le vite e le età comparate tra sé, e perciò altre lunghe, altre corte, non per tanto è vero che quelle e che queste sono ugualmente un medesimo viaggiare che finisce. E ancor qui ‘dies diei eructat verbum', perché l'un giorno ci rammenta la manchevolezza dell'altro e tutti insieme il consumare della vita …”Mentre egli così parlava, una donna e poi più in là un'altra e un'altra ancora più in là, si misero a piangere: e quel pianto, come un contagio, dapprima incerto ed esitante, poi sempre più rapido e deciso, divagò, si espanse invase tutto il matroneo. Poi rimbalzò nella navata laterale destra e qui, per un istante, indugiò, ristagnò, parve rompersi. Ma tosto, ripreso vigore, si mosse, scivolò, serpeggiò, dilagò irrefrenabile. “Vi sarà certo avvenuto di viaggiar fuor del vostro paese; e certo avrete osservato mille varietà di scene, or belle, or brutte, e paesaggi d'ogni genere, mai visti prima. Tutto questo ‘iuvit spectare, delectavit parumper attendere; dum attendis pertransisti'. Fatta sera e giunti alla meta che vi rimase di tutto ciò? Nulla, certo, tranne una debole memoria …” Ormai tutti, - si direbbe l'intera comunità satrianese - piangevano e tutti, - pur nella varietà dei pianti conformi all'indole e allo stato di ciascun piangente - ponendo, chi più chi meno, una schietta cura a non produrre moto o suono oltre al necessario. Chi esibiva, come un trofeo, le sue lacrime; chi si provava a respingerle dietro un vano sorriso che presto si mutava in una smorfia dolorosa. Qui un uomo ancora asciutto, vistosi a lato il suo nemico col volto umido e stravolto, gli tendeva in un impulso di fraternità la mano e, in atto, anche il suo volto si storceva e gli occhi si inondavano di lacrime. Là una donna chinava in forma di estrema spossatezza il volto sulla spalla della sua vicina e tosto violenti sussulti la scuotevano tutta. E c'era chi, gli occhi chiusi, enfiava le gote e poi più e più volte soffiava dalle labbra contratte. E chi, ostentando indifferenza, indirizzava con inusitato interesse lo sguardo ai rosoni del soffitto finché la sua vista si velava e annegava in una pozza di lacrime costringendolo a chinare, come in atto di dolorosa umiltà, la fronte sul petto. Si videro donne abbracciarsi e mescolare lacrime e sospiri e uomini di fiera tempra fare al viso coppa delle mani ed esprimere in questa posa un gemito sottile interminato. Altri estrarre dalla tasca il fazzoletto e portarselo al naso e soffiarvi dentro ripetutamente e intanto con gesto furtivo asciugarsi coi lembi l'umidore delle gote. Altri ancora mordersi ora le labbra, ora le dita, ora le mani contratte. E donne, poggiata l'umida bocca sulla spalliera del sedile antistante, inciderne coi denti il legno e rigarlo e roderlo; altre ravvilupparsi e scomparire nel buio del loro scialle. E ancora, uomini tossire, altri aderire alle colonne e ai simulacri e altro ancora.
Anche il podestà, vile, tenero, vergognoso in mezzo a quel lago di pianto, poggiato ad una colonna, piangeva: senza memoria, senza convinzione. E intanto - come chi desto a mezzo di un triste sogno vede, durandone l'errore, rompersi e dileguare le immagini dolorose – egli guariva dal suo interno male, si lavava, per così dire, della sua solitudine. Vide padre Anoia, con un leggero moto di sorpresa tutto quel piangere, lo scrutò incerto, lo osservò interessato e già stimandolo, - del resto non senza una buona dose di ragione - per un suo nuovo e personale successo, naturalmente gli piacque di sostenerlo e prolungarlo, mirabilmente, in questo, soccorso e quasi forzato dalla parola facile e sonora. Però disse: “sunt lacrimae rerum … e allora, fratelli e sorelle in Cristo … piangiamo … in quest'angolo perduto della Terra, da questo oscuro margine della Storia, in questa scheggia del Tempo, piangiamo: per l'amore reso e per quello negato, per i torti fatti e per quelli patiti, per il bene lontano e per il male vicino, per il bene vicino e il male lontano, fratelli e sorelle in Cristo piangiamo. Del nostro odio e del nostro amore, delle onte e delle offese, delle vendette e delle ire … fratelli, sorelle, piangiamo del nostro pianto….” Così predicava padre Anoia…Vincenzo Guarna(1) Daniello Bartoli (1608-1685). Altro scrittore e predicatore gesuita. La sua opera maggiore è la ISTORIA DELLA COMPAGNIA DI GESU' pubblicata tra il 1653 e il 1673. Interessanti anche le sue prediche, alcune raccolte in un Quaresimale che andò in gran parte perduto in un naufragio. I frammenti della predica di Padre Anoia riportati nel soprastante testo sono alcuni, mutuati dal Segneri (il primo, quello immediatamente successivo e il suo prolungamento: “ohimè che veggo”) e altri dal Bartoli (quello che ha inizio con “siamo qui giù tutti passeggeri e tutti….” e quello che compare subito dopo: “vi sarà avvenuto etc.”). Sono propri di Padre Anoia i restanti ossia quelli che servono da raccordo allo svolgimento del suo discorso o che prendono via via spunto dalle reazioni o condotte degli ascoltatori e fanno fronte o bordone ad esse.
Da Satriano a Biasca per la festa delle famiglie
Il sindaco di Satriano Michele Drosi e gli assessori Alessandro Catalano e Teodoro Basile e il consigliere e assessore alla Comunità Montana di Isca Domenico Riverso si sono recati in visita a Biasca in Svizzera dove risiede una comunità di satrianesi durante la quale si legge in un comunicato gli amministratori "hanno partecipato alla festa delle famiglie su invito della collettività satrianese e sono stati accolti dal presidente Fausto Calabretta e da tutti gli altri componenti dell'Associazione. Si è trattato di un incontro assai significativo - prosegue il comunicato - tenutosi presso la sala "Olimpia" di Biasca, dove si sono svolti tornei di carte ed altre iniziative per allietare la festa organizzata, ogni anno, dalla collettività e molto partecipata dalle tante famiglie di satrianesi residenti in Svizzera. Nel corso della giornata si è svolto un importante incontro tra gli amministratori di Satriano ed il sindaco di Biasca Jean Francoise Dominè, al quale è stata consegnata una delibera della Giunta Comunale con la quale si manifesta la volontà di avviare le procedure per concretizzare il gemellaggio tra Satriano e Biasca". Al termine dell'incontro dopo il tradizionale scambio di doni, il sindaco di Satriano Michele Drosi ha illustrato ai suoi concittadini l'attività messa in campo dall'amministrazione che guida per lo sviluppo di Satriano.
Satriano a sostegno dell'Università Magna Graecia
SATRIANO - La cittadina di Satriano dimostrandosi sensibile verso i temi della cultura si è interessata ad alcune problematiche che in questo periodo sta affrontando l'Università Magna Graecia di Catanzaro. Al riguardo, il consiglio comunale di Satriano ha approvato all'unanimità una delibera a sostegno dell'autonomia dell'Università Catanzarese. Lo si apprende dal vicesindaco Antonio Maduri che si dichiara soddisfatto. Maduri, infatti, promotore dell'iniziativa Antonio Maduri già qualche tempo fa, aveva disapprovato a nome della Democrazia Cristiana Comitato provinciale di Catanzaro di cui èpresidente, la decisione del consiglio Regionale che ha portato alla votazione dell'art. 31 comma 1 della legge finanziaria n. 289 i cui possibili effetti secondo Maduri non possono essere sottaciuti né ignorati da chi ha a cuore il bene e le sorti future dell'Azienda Ospedaliera Mater Domini e soprattutto ha evidenziato Maduri "dell'Università Magna Graecia di Catanzaro, fiore all'occhiello di questa provincia e dell'intera Regione Calabria, soprattutto in considerazione – delle possibili nefaste conseguenze politico-istituzionali, gestionali e didattiche che tale provvedimento andrebbe a provocare". Maduri aveva all'epoca promesso di portare la questione all'attenzione del consiglio comunale di Satriano "perché - ha spiegato ai giornalisti dopo il voto all'unanimità della mozione su cui ha relazionato – è importante che ogni comunità comprendal'importanza dell'istituzione universitaria e contribuisca in ogni modo alla sua valorizzazione". Così è stato ed ora per Satriano si può dire che si tratta del primo consiglio comunale di una cittadina che si occupa della vicenda e non è detto che non ne seguano altri in altre città. Del resto stando alle affermazioni del vicesindaco di Satriano il quale fra le altre cose, ha dichiarato di volere interessare della questione anche il sottosegretario della ricerca del suo partito Giuseppe Pizza, "un primo segnale è stato dato".f.g.
Read More »Satriano, consiglio comunale: all'attenzione dell'assemblea la tutela dell'autonomia dell'Università Magna Graecia
27-06-08 - SATRIANO - È previsto per oggi 27-06-08 alle ore 17,30 la riunione del consiglio comunale di Satriano. Sono diversi i punti che dovrà discutere l'assise comunale, fra questi la disciplina per un piano del commercio in sede fissa e un regolamento per la disciplina igienico sanitaria dell'attività di somministrazione all'aperto per gli esercizi di ristorazione e bar recependo l'apposito regolamento Asp. Inoltre è prevista un dibattito sul futuro del centro storico e il pronunciamento dell'assemblea su una questione che attiene alla tutela dell'autonomia dell'Università Magna Graecia di Catanzaro.
Read More »Satriano, foto storica: Cesare Ranieri e Francesco Guarna
La foto che pubblichiamo è una foto storica di Satriano. In essa sono raffigurati Cesare Ranieri e Francesco Guarna. Sono personaggi che hanno fatto la storia delle cittadina jonica e che in breve attraverso una simpatica descrizione, li racconta Raffaele Ranieri, bravo giornalista sempre attento alla storia di SatrianoDUE UTOPICI
Due personaggi storici per Satriano: entrambi con il "pallino" della politica intesa come "mettersi al servizio della collettività". Meritano di essere ricordati e presentati. L'uno, Francesco Guarna, maresciallo nella Finanza per un vivere di rigoroso rispetto, l'altro, Cesare Ranieri, insegnante elementare, per una vita senza "duci". Andavano sempre d'accordo, eccetto quando si ricordavano del loro irrisolto dilemma:
CESARE RANIERI: la politica sana per una società civile.
FRANCESCO GUARNA: il bon ton della società civile per una politica sana.
I due cognati, sempre tra loro pacati, tra una boccata da un "toscanino" di uno e un "mi stai intossicando" dell'altro, spesso applicavano tali ragionamenti alle cose più banali della vita. Senza pervenire mai a una soluzione. Un dilemma come l'uovo e la gallina. La società civile porta ad una politica sana, o la politica sana forma una società civile? A chi la priorità? Si può trovare l'una senza l'altra? Forse nell'aldilà, assistendo all'attuale sfascio, staranno discutendo ancora più che mai sul loro dilemma di sempre e sempre attuale.Raffaele Ranieri
La rivolta dei contadini il 21 giugno 1948 a Satriano
Erano gli anni della più cruda indigenza ereditata dalla guerra. Erano gli anni in cui bambini e donne, anche in Chiesa o nei giorni di festa, calzavano scarpe naturali con la pelle ormai indurita e gli uomini sfoggiavano lo stesso vestiario di lavoro, che non c'era, quasi sempre con toppe di “tilamara”. A Satriano, che ha avuto sempre una vocazione agricola, i contadini, i pochi “fortunati”, con le unghie annerite su mani callose, dal canto del gallo al rintocco del vespro, continuavano a spezzarsi la schiena agli ordini di padroni-caporali e guardavano con malinconia alla grande montagna da Carlo Filangieri regalata, tra il 1886 e il 1887, ai satrianesi e che doveva essere divisa in parti uguali tra tutti i cittadini e che invece era rimasta sempre appannaggio o del demanio, o peggio, di pochi ricchi. Erano confusi, demoralizzati, si sentivano abbandonati e come sempre sfruttati e più poveri. A sera,alla domenica mattina si ritrovavano nella sezione della Federterra. Si ritrovavano attorno ad una figura carismatica, che come sempre aveva sposato la loro causa spronandoli agli ideali di giustizia e di libertà. Era Cesare Ranieri, insegnante elementare, che fin da studente aveva lottato contro sopraffazione, sfruttamento, totalitarismo. Dal 1946 al 1948 vi erano state piccole lotte pacifiche che erano servite a svegliare le coscienze dei lavoratori e a far capire ai padroni che le loro angherie presto sarebbero finite. E come nel Marchesato, nel Nicastrese, anche a Satriano i contadini cercavano “pane e lavoro”. Da Melissa rimbalzavano voci dell'occupazione delle terre purtroppo con spargimento di sangue, dal Nicastrese, dal Reventino un filo “conduttore” sulla scia di Melissa spronava quei lavoratori: notizie più confortanti arrivavano dalla vicina Davoli dove, grazie alla lungimiranza dell'allora Sindaco Ziparo, prevenendo ogni sommossa, si assegnavano le terre incolte (togliendole anche a “storici notabili”) ai contadini del Comune. A Satriano vi era il grosso problema della mezzadria che taglieggiava i contadini oltre a quello delle terre incolte nella “grande” montagna. Vi erano state riunioni animate: da una parte i lavoratori con Cesare Ranieri, dall'altra i rappresentanti dei proprietari,dei ricchi terrieri. Da Catanzaro facevano la spola il sen. Pasquale Poerio e Luca De Luca.La situazione non accennava ad allentarsi. Ci voleva una prova di forza Cesare Ranieri, pur condividendo a pieno la sofferenza di tanti capi famiglia, esortava sempre alla calma, cercando una soluzione pacifica. Ma il giorno della riscossa arrivò anche per i braccianti satrianesi, maturata da sola nello spazio di una notte,forse valutando come possibile anche per i braccianti di Satriano la soluzione pacifica avvenuta nella vicina Davoli. Era l'alba del 21 giugno 1948, il primo giorno d'estate, una nuova stagione per tutta Satriano perché da allora gradatamente si acquisirono modi di vivere più umani. Quella mattina tanti lavoratori si ritrovarono dinnanzi l'ingresso della Federterra e spontaneamente incominciarono a sfilare con bandiere e cartelloni richiedenti “pane e lavoro” marciando verso la montagna grande di Satriano per occuparla, coltivarla e trovare così con il loro lavoro il sostentamento. Le fila si ingrossavano man mano che il corteo attraversava le vie del paese. Erano oltre trecento tra uomini e donne decisi a chiedere il rispetto dei loro diritti. In località “Cantore” trovarono lo sbarramento dei Carabinieri. Alcune donne in testa al corteo riuscirono a “svicolare”e con fasci di rami secchi in testa ritornarono in paese dirigendosi verso il Municipio con l'intento di appiccare il fuoco. Anche qui però trovarono le forze dell'Ordine e scaricarono le “frasche” secche in strada dinnanzi l'ingresso di Palazzo Condò. Queste donne coraggiose erano M. Giuseppa Pisante moglie di “Zazara”, Concetta Basile, Francesca, Caterina e Rosina Diaco, “a brutta Lupa”,Bianca Sgro. Gli uomini (la maggior parte forzò il blocco proseguendo verso la montagna)identificati a “campione” al “Cantore”,fuori dal centro abitato,erano Antonio Ferraro, Domenico Arena, Francesco Ferraro, Domenico Santoro, Rocco Romano, Vincenzo Santaguida, Teodoro Sia, Pietro Sia, Mariano Varano, Vincenzo Vaccaro, Luigi Squillacioti, Giuseppe Spinzo, Giuseppe Marzio, Teodoro Pugliese, Francesco Mercurio, Domenico Battaglia, Vincenzo Ranieri con l'aggiunta, anche se assente alla “retata”, di Cesare Ranieri che per le forze dell'ordine era l'ispiratore e l'organizzatore della manifestazione. Furono tutti denunciati all'A.G. Si aprì, quindi, un lungo processo che finì con l'assoluzione in primo grado per i diciassette lavoratori (difensori avv. Tropeano e Seta) e la condanna a un mese di reclusione per Cesare Ranieri che poi venne assolto con formula piena in appello dal Tribunale di Catanzaro (sentenza 621 del 26 luglio 1949 presidente Blasco, P.M. Donzelli, giudici Jofrida e La Sorte). Tali vicende segnarono in ogni caso una svolta per la vita sociale in Satriano con Cesare Ranieri che, da loro sempre guardato con simpatia e ammirazione, continuò a difendere i loro diritti con la sua presenza sempre attiva nella vita politica, e negli anni dal 1960 al 1970 li rappresentò in seno alla civica amministrazione in qualità di vice sindaco.Raffaele Ranieri
La nuova Satriano dell'era Drosi
È trascorso un anno da quando la nuova amministrazione comunale di Satriano si è insediata dopo la vittoria alle elezioni della coalizione guidata da Michele Drosi. Il primo cittadino satrianese ha rilasciato una lunga intervista a Fabio Guarna su "Il Quotidiano della Calabria" che di seguito vi riportiamo in cui traccia un bilancio del suo primo anno di sindaco da quando è stato eletto sindaco di Satriano.Il sindaco in un'intervista fa il bilancio del suo primo anno di amministrazione LA NUOVA SATRIANO DELL'ERA DROSI Priorità: scuole, viabilità e Piano strutturale comunaledi FABIO GUARNAPiccole e grandi opere; progetti minimi e larghe vedute per Satriano. Problemi da affrontare e da risolvere; rapporti con il territorio e unione fra comuni. Dopo l'ultimo consiglio comunale in cui fra le altre cose è stato approvato il nuovo statuto comunale della città, parla Michele Drosi, sindaco di Satriano in una lunga intervista rilasciata a “Il Quotidiano della Calabria” in cui fa il bilancio del suo primo anno di governo.“Come valuta il suo primo anno di governo?”In questo primo anno di governo abbiamo affrontato le varie emergenze dovute a tanti anni di completo abbandono, promuovendo iniziative e azione volte a rendere più presentabile il nostro Paese. Abbiamo, grazie agli operatori messi a disposizione dall'Afor e dai Consorzi di Bonifica, pulito tutto il territorio della marina e del Centro Storico, siamo intervenuti per rendere più razionale e ordinata la zona adiacente alla Chiesa S.Maria della Pace, costruendo un grande parcheggio e completando una parte dei marciapiedi di Viale Europa rendendo più sicuro l'ingresso e l'uscita della Parrocchia per evitare incidenti, abbiamo interloquito positivamente con l'Anas, che ha già provveduto ad asfaltare il tratto che va da Russomanno al bivio cittadella ed altri tratti lungo Viale Europa, che nelle prossime settimane sarà messa in sicurezza attraverso la predisposizione di bande sonore e di tutta la segnaletica verticale ed orizzontale. Sempre con l'Anas abbiamo concluso una intesa per la realizzazione di due grandi rotatorie per migliorare l'assetto viario della marina di Satriano e siamo in attesa dei progetti per l'approvazione. Sempre nelle zone marine sono stati completati i lavori per la costruzione degli spogliatoi dei campetti di calcio che nei prossimi giorni saranno messi in sicurezza. In questi giorni sono cominciati i lavori per l'ampliamento della rete idrica nei pressi di Piazza Biasca e molto presto si concretizzerà l'idea di spostare la delegazione municipale dal residence Leotta all'edificio con relativo spiazzo situato di fronte al mobilificio Principe. Nel centro storico abbiamo, dopo tanti anni, aperto il circolo Galateria, organizzando tante iniziative che hanno suscitato l''interesse di tanti cittadini, abbiamo predisposto in un'area, accanto alla scuola di Piazza Dante, un piccolo parco giochi per bambini e dato una nuova veste a piazza monumento, pitturando, dopo tantissimi anni, ringhiere e panchine e ridonandole splendore con tanti vasi, fiori e piante che fanno bella mostra di sé; nei prossimi giorni saranno sostituiti i lampioni esistenti con lanterne in stile e saranno installate alcune bacheche e vasi per i rifiuti. Abbiamo svolto piccoli interventi di arredo urbano a Rione Trieste e in altre zone del Paese sistemando fontane, panchine e ringhiere per colmare anni e anni di attesa da parte di tanti cittadini. Mi preme anche comunicare che è stato avviato l'appalto per il consolidamento statico di palazzo Condò, recuperando un vecchio e ormai disperso finanziamento del 1996, che nelle prossime settimane riprenderanno i lavorio dell'ex asilo infantile. E proprio in questi giorni saranno avviati i lavori per migliorie boschive nella pineta di Satriano, per la sistemazione della viabilità in località Peppamaio e lungo la strada per la località Carìa. Così come saranno effettuati altri lavori di consolidamento statico e saranno appaltati, a breve, i lavori per l'ampliamento della rete idrica in località Lagonìa e quelli per migliorare l'area della Fontana Vecchia nonché per sistemare un vecchio frantoio in un sito vicino a Piazza Monumento. Abbiamo acquistato, infine, dopo tantissimi anni, due nuovi mezzi : la macchina dei vigili urbani e un piccolo camion.“Quali sono - se ce ne sono state - le difficoltà incontrate e di che tipo (politiche, amministrative, etc.)?”È indubbio che nel corso dell'attività amministrativa si incontrino tante difficoltà, dovute al fatto che, vivendo e operando in una regione come la Calabria che è ultima in tutte le classifiche di ogni ordine e grado, tutto è maledettamente più complicato a causa dei ritardi accumulati dalla Regione nell'emissione dei bandi europei o nella ripartizione di altre risorse che potrebbero essere erogate in tempi molto più rapidi, delle lentezze della P.A.. Tutto questo, accanto alle aspettative dei cittadini e di un territorio ormai vastissimo, meriterebbe una capacità più compiuta di dare tante risposte. È indubbio che l'impegno è totale, ma ciononostante non sempre si riesce a far fronte a tutte le esigenze proprio per la condizione generale che viviamo in una regione come la nostra.“Si ritiene soddisfatto di quanto fatto o ritiene che si poteva fare di più?”Non ci si può sentire appagati per le tante cose fatte, perché per le ragioni già indicate, c'è sempre molto ancora da realizzare. Ma non c'è dubbio che se penso alla soluzione di alcuni problemi, la soddisfazione è grande. È stato importante per me e per tutta l'amministrazione attivare, per es., dopo 10 anni di fermo, l'ascensore del plesso scolastico della marina, di vi sono ragazzi disabili che si sono dovuto sottoporre a sforzi straordinari per frequentare la scuola. Così come è stato fondamentale attivare l'Adsl per poter navigare velocemente su internet anche nel centro storico, riprendere antiche tradizioni come “U nannu d'aguannu” o la festa delle castagne, dare la cittadinanza al Generale Martinello, ricordare i sindaci emeriti scomparsi, organizzare tante manifestazioni per l'estate e per le feste Natalizie. A questo proposito voglio segnalare che nelle prossime settimane verrà organizzato un importante evento per il 60esimo della Costituzione. Un grande rammarico mi assale se penso alla vicenda della ristrutturazione della Chiesa Matrice, per i ritardi, non dovuti a responsabilità dell'attuale amministrazione ma a vicende che riguardano più specificatamente il piano tecnico, che hanno provocato grande apprensione fra i cittadini e nella comunità religiosa. Ma posso assicurare che nei prossimi giorni, anche a costo di soluzione drastiche, le situazione sarà sbloccata. Così come posso annunciare che nelle prossime settimane saremo in grado avere un quadro preciso in relazione alle responsabilità che hanno causato i danni ben noti al campo sportivo. “Satriano ha un vasto territorio che parte dal mare e si sposta sino alla montagna. Come intende valorizzare questi luoghi che potrebbero offrire occasioni di turismo?” Siamo al lavoro per valorizzare al meglio l'intero territorio di Satriano con interventi di risanamento ambientale per il quale abbiamo ottenuto un finanziamento di duecentomila euro, con interventi volti a risolvere definitivamente le problematiche relative alle strutture scolastiche per le quali abbiamo già ottenuto finanziamento per quattrocentodiecimila euro, con interventi relativi alla sicurezza, attraverso l'attivazione del Pon, grazie al quale abbiamo ottenuto ben ottantamila euro. Stiamo anche pensando alla realizzazione di una pista di motocross nella pineta di Satriano, come elemento di richiamo e di valorizzazione della nostra montagna, dove prevediamo di attivare anche progetti per lo sfruttamento delle energie alternative. Siamo al lavoro per partecipare anche attraverso intese con il Gal, al bando per i centri storici per mettere a punto interventi volti a migliorare e ristrutturare tutta la parte antica di Satriano. In questa direzione stiamo lavorando e vogliamo continuare a lavorare senza trascurare altre questioni altrettanto importanti alle quali abbiamo già messo mano come la revisione di molti regolamenti obsoleti, il nuovo piano commerciale, il Psc, il piano della viabilità che è già pronto, il nuovo Statuto che abbiamo approvato proprio in queste ore. Così come non va sottaciuto che, nella modestia delle nostre possibilità, abbiamo reso più accogliente il palazzo municipale e i cittadini che vogliono venire trovano una poltrona sulla quale accomodarsi in attesa di un appuntamento o del disbrigo di una pratica. Naturalmente abbiamo cercato di guardare oltre i confini della nostra comunità, avviando un confronto stringente con Soverato ed altri comuni come Davoli, Gagliato e Montepaone per attivare quell'Unione tra Comuni per la quale abbiamo già predisposto una bozza di Statuto. Si potrebbe dire che Satriano si sta dando una fisionomia, una identità e un respiro che la stanno ponendo – insieme ad altri per carità – al centro del comprensorio. Su questa strada con grandeunità d'intenti, con il metodo del confronto, con la coesione della maggioranza e con il sostegno della popolazione intendiamo continuare a lavorare.Fabio Guarna (Fonte: Il Quotidiano della Calabria)
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SATRIANO - Ha tenuto banco in questi giorni nella comunità satrianese la questione relativa allo stop dei lavori della Chiesa Santa Maria d'Altavilla. Un argomento su cui i consiglieri comunali di minoranza avevano avanzato la richiesta di convocazione del consiglio comunale per avere maggiori chiarimenti al riguardo. Qualche giorno fa si era tenuta una riunione fra i capigruppo consiliari e successivamente il sindaco Michele Drosi si era precipitato ad informare i giornalisti che l'incontro era stato sereno mentre lo stesso sindaco aveva manifestato un certo ottimismo per la risoluzione del problema. Oggi Michele Drosi attraverso una lunga dichiarazione diramata agli organi di informazione comunica che l'Amministrazione Comunale "...ha disposto l'immediata ripresa dei lavori regolarmente autorizzati come da contratto". Nella dichiarazione il sindaco di Satriano ripercorre le tappe della vicenda e conclude invitando "tutti coloro che hanno ruoli, funzioni e responsabilità collegate al completamento dei lavori, a procedere speditamente all'espletamento di tutto ciò che è necessario per poter riconsegnare, entro i tempi previsti, la Chiesa Matrice a tutto il popolo di Satriano”.
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